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19/11/09

Sull'Identità: spunti per una riflessione


di Matteo Giurco


“Il radicamento è forse l'esigenza più importante e misconosciuta dell'anima umana”.
-Simone Weil, La prima radice, Comunità, Cremona, 1954, pp. 49-50-


La società contemporanea e la disperazione dello sradicamento
La società contemporanea è assai variegata. Per accorgersene basta addentrarsi in quella giungla di individui che è il mercatino rionale sotto casa: balza alla nostra vista un melting-pot di persone con culture e storie assai diverse. Vi troviamo infatti la vecchietta della porta accanto ed il commerciante autoctono, il giovane freakkettone inebetito dagli spinelli e l'immigrato di seconda generazione, il vu cumpra africano e la badante rumena eccetera eccetera...
L'elemento che accomuna queste persone, oltre all’ appartenenza al genere umano, non è la cultura, e nemmeno la religione. Si tratta invece della perdita di una salda Identità, favorita dalla globalizzazione imperante: la vecchietta è persa in rigidi nostalgismi, il commerciante rimpiange i bei tempi e auspica la chiusura delle frontiere, il freakkettone sogna un viaggio in India perchè è disgustato della realtà italiana, l'immigrato di seconda generazione è costantemente sospeso tra l'identità del paese d'origine e quella del Paese che lo ospita, e lo stesso si può dire del vu-cumpra e della lavoratrice rumena.
Casi segnati dalla perdita di radici, accomunati dall'appartenenza ad una società dove perdura un sistema valoriale allo scatafascio, nel quale i punti cardine un tempo imprescindibili sono venuti meno, dove parole-chiave come Patria e Famiglia, Dio e Partito hanno lasciato il posto alla società dei consumi, estremamente più proficua per quanto riguarda l'opulenza materiale ma drammaticamente povera sotto l'aspetto morale, l'unico in grado di fornire risposte chiare alle esigenze esistenziali.
Lo sradicamento si caratterizza dunque dalla scomparsa di quelle àncore capaci di dar sostegno all'individuo, rispondendo alle sue domande più pregne(“chi sono?” tanto per citare un esempio).
Di fronte a questo fenomeno di atomizzazione e di anomizzazione dei vari membri della società si verificano dunque i tristemente noti casi di manifestazione di aggressività, verso di sè e verso gli altri (alcolismo, violenze fisiche- in taluni casi sfocianti in vere e proprie rivolte, come quella delle banlieues nel 2005- eccetera…).


Va da sé dunque che l'unica risposta positiva a questo drammatico scenario consista nella riappropriazione consapevole ed equilibrata di concetti quali Identità e Comunità, gli unici in grado di arginare lo sradicamento imperante.
In questo articolo parleremo del primo.


Identità: coscienza di gruppo
La parola identità deriva dal latino; “identitas” la chiamavano gli antichi: Id-entitas, che sarebbe un po' come dire “quella stessa entità”.(1*)
L'identità si configura quindi come “ sistema di rappresentazione in base al quale l'individuo sente di esistere come persona, si sente accettato, e riconosciuto come tale dagli altri, dal suo gruppo e dalla sua cultura di appartenenza”.(2*)
Questo concetto è quindi in grado di dare risposta al quesito principale dell'essere umano, inteso sia singolarmente sia collettivamente, cioè quel nodale “chi sono?” che si profilò già da secoli nelle menti dei nostri avi, e della cui importanza ho accennato prima.
Ricollegandosi proprio alla presa di consapevolezza di ciò che si è, scaturisce dunque la seconda grande risorsa insita nell'idea di identità, ovvero la facilitata maniera di interagire con l'Altro. Al riguardo degne di rilevanza sono le parole dell'autorevole antropologo veneto Ulderico Bernardi, il quale sostiene: “solo chi è certo della propria identità è disponibile al confronto e allo scambio, non teme la deculturazione, non mostra intolleranza e non manifesta aggressività nei confronti delle altre culture”.(3*)
Sapere chi si è aiuta quindi a relazionarsi con i diversi, nel rispetto dei ruoli di ciascuno, tralasciando derive integraliste tendenti all'esclusivismo ed alla chiusura.


A questo punto è necessario però chiarire come l'Identità si delinii in tratti limpidi e netti.
Il primo passo da considerare è la scelta; scegliere è diverso da aderire, e non a caso nel processo di identificazione un ruolo cruciale è assunto dal libero arbitrio: senza di esso, l'Identità si riduce a contenitori vuoti e sterili( per lo stesso procedimento a causa del quale molti concittadini professantisi “cattolici” non vanno mai a messa o molti “italiani” non conoscono le parole dell'inno nazionale).
Liberarsi da schemi prefissati e da etichette impostici a mo' di stampini risulta quindi il primo passo nella costruzione di un' Identità autentica, libera da condizionamenti e realmente sentita dai soggetti.
I passaggi successivi che portano alla formazione dell'Identità non sono meno difficoltosi, anzi, implicano un impegno ed una partecipazione assai cospicui e sono riconducibili a due nuclei fondamentali:
-memoria storica;
-meditazione storica;
La prima è il filtro della storia con gli occhi della tradizione(attenzione: non del tradizionalismo!). Per usare una metafora, è una sorta di gomitolo di lana i cui fili rappresentano le storie individuali dei membri della comunità, di generazione in generazione, fino a formare un amalgama omogeneo che costituisce la storia del gruppo.
Per la sua stessa natura(storia raccontata dai suoi diretti protagonisti), la memoria storica tende però a deviare trasformandosi in un elemento negativo; tende cioè ad assurgere ai compiti di celebrazione del proprio epos(mito) d'appartenenza, non badando all'obiettività ma solamente a riflessioni strumentali.
L'elemento in grado di superare la natura mitopoietica della Memoria Storica è la Meditazione Storica, riflessione transpersonale in grado di vagliare attentamente l'obiettività e la giustezza dei racconti tramandati.
La Meditazione Storica passa quindi attraverso la valutazione “sine ira et studio” della Memoria di appartenenza, tramite modalità scientifiche e non (benché in ogni caso ponderate), in modo tale da rifiutare le logiche di mera trasmissione del mito funzionale alla domanda identitaria.
In altri termini la Meditazione Storica si configura come quel processo in grado di indurre ad una riflessione sui temi passati in chiave dinamica, in modo da produrre una commistione tra gli elementi di permanenza e quelli di cambiamento, tesa a superare la fossilizzazione su elementi obsoleti.


Identità come riappropriazione in chiave evolutiva del passato e del presente dunque; l’alternativa è essere una sorta di “pesci fuor d’acqua”…in versione bipede.


Fonti:
(1*)vedasi le voci “identità” ed “entità” in “Dizionario Etimologico -avviamento alla etimologia italiana” di Giacomo Devoto, Le Monnier, 1968;
(2*) dalla voce “identità” in “Nuovo Dizionario di Sociologia” a cura di Franco Demarchi, Aldo Ellena e Bernardo Cattarinussi, Edizioni Paoline, 1987;
(3*) Ulderico Bernardi, L'insalatiera etnica, Neri Pozza, Vicenza 1992, p. 29. Citato in “Etnie:identità e sradicamento” articolo di Giovanni Monastra apparso su «Percorsi», n. 10, 1998, e reperibile sul web al seguente indirizzo: http://www.estovest.net/identita/etnie.html#t45 ;




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