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15/11/09

La Bellezza è nostra

di Piero Ramella


Riflessione ad uso quotidiano sulla fruizione di arte contemporanea (e non).
 

Gran parte del genere umano prova esperienza del mondo circostante in primo luogo attraverso la vista e dagli occhi riceve ininterrottamente stimoli di ogni natura e complessità. Eppure pochi imparano a vedere: gli altri, assuefatti dalla sovrabbondanza di immagini offerte dalla vita quotidiana, ignorano il potere del loro organo sensoriale principe e ne divengono vittime passive.
A che scopo riferire ciò? Perchè, per fruire correttamente di un qualsivoglia prodotto delle arti figurative, la condizione prima sine qua non è vedere, nel senso di essere coscienti di ciò che si osserva e degli effetti di questo sulla percezione.
Specialmente di fronte ai lavori degli artisti dell'ultimo secolo, spesso sorge l'interrogativo: Cosa dovrebbe voler dire?.
Al di là della risposta al quesito, in genere la domanda stessa risulta errata in partenza, o quantomeno prematura. Infatti, il primo significato di un'opera d'arte risiede nelle qualità intrinseche dell'immagine, al di là della volontà dell'autore e delle interpretazioni della critica.
W. Kandinsky descrisse le sensazioni provocate dalla pittura come suoni interiori, sottolineando così una caratteristica fondamentale che accomuna questa alla musica (così come alla poesia ed a qualsiasi altra forma d'arte in senso lato), ossia il trasmettere un significato inesplicapile al di fuori di se stessa. E' forse possibile descrivere in maniera soddisfacente un concerto attraverso la comunicazione verbale? No. Allo stesso modo del linguaggio musicale, quello visivo non può essere sostiuito dalla parola e perciò l'ossevatore dovrebbe rimandare l'interpretazione logico-razionale ed immergersi nell'esperienza estetica.
Le opere d'arte famose e spesso raffigurate presentano una notevole facilitazione per chi si accinge ad esaminarle: si sa che sono belle e meritevoli di essere studiate con attenzione: anche il meno avvezzo tra i fruitori d'arte occasionali di fronte alla Gioconda si soffermerà qualche minuto ad ammirare, sicuro di trovarsi in presenza di un capolavoro. Forse è proprio questo atteggiamento nell'avvicinarsi all'immagine a causare l'assuefazione del pubblico moderno, che abbandona ogni ricerca per affidarsi all'opinione altrui. Nella disamina del bello, quanto si può conoscere intorno all'opera è accessorio all'impressione soggettiva, il suono interiore. Con ciò non intendo affermare che la conoscenza della storia e della critica dell'arte siano futili, anzi, questa permette di creare i presupposti necessari allo sviluppo di una sensibilità estetica raffinata e cosciente; voglio piuttosto sottolineare come risulti maggiormente significativo cercare da sé la bellezza nelle forme e nei colori, piuttosto che trovarla acriticamente laddove è già stata cercata da altri.
Sempre W. Kandinsky, ne Lo Spirituale nell'Arte, elencando i motori spirituali alla base della creazione dell'opera, scrive:

1.ogni artista, in quanto creatore, deve esprimere se stesso (personalità);
2.ogni artista, in quanto figlio figlio della sua epoca, deve esprimere la sua epoca (stile come valore interiore, composto dal linguaggio dell'epoca e, finchè esisterà la nazione, dal linguaggio della nazione);
3.ogni artista, in quanto è al servizio dell'arte, deve esprimere l'arte (artisticità pura ed eterna che è insita in tutti gli uomini, in tutti i popoli, in tutti i tempi; che si osserva nell'opera di ogni artista, di ogni nazione, di ogni epoca e che, in quanto fattore fondamentale dell'arte, non conosce né spazio né tempo).

Allo stesso modo, ignorando in quest'occasione le riflessioni che l'autore fa derivare da tali postulati, possiamo abbastanza facilmente riconoscere in ogni prodotto artistico un valore legato all'opinione dell'individuo intorno all'opera, un valore rapportato all'epoca durante la quale essa viene valutata, ed al luogo in cui ciò avviene, ed infine un valore assoluto atemporale dell'opera, che si potrebbe riferire ad una sorta di Assoluto, oggetto ultimo dell'arte (verranno tralasciate in questo luogo le considerazione intorno al terzo punto).
Abbandonando i toni misticheggianti che, sebbene suggestivi, peccano inevitabilmente di nebulosità, si potrebbe prendere l'esempio di tutti quegli artisti le cui opere nel corso degli anni furono prima incensate e poi diprezzate, per essere infine rivalutate ancora una volta, o viceversa; si potrebbe poi pensare ad un giudizio originario attribuito dagli artefici stessi ed uno attribuito dagli altri osservatori, entrambi soggetti al mutare delle opinoni nel tempo.
Potremmo affermare che, essendo il giudizio odierno più recente degli altri, questo abbia maggior valore, ma come essere sicuri che in un futuro più o meno prossimo la critica non assuma una posizione opposta a quella d'oggi? Oppure, come essere sicuri che gli osservatori antichi non fossero più capaci di noi nel giudicare? Inoltre, come si può conoscere cosa intendesse originariamente esprimere l'artista? Chi ci conferma che ciò per cui noi ora lo apprezziamo, ora no, fosse realmente nelle intenzioni dell'autore? Personalmente ritengo che l'indagine razionale fornisca le chiavi per rispondere al meglio a tali interrogativi, ma dubito che un critico cosciente possa nutrire l'arrogante ambizione di conoscere la verità assoluta in proposito: alla fine non resta che guardare in faccia la nostra opinione, fondata certamente sulle esperienze personali e sulla conoscenze teoriche, ma molto spesso indipendente da queste.
E se un'opera considerata universalmente di bassa qualità comunicasse ad un osservatore emozioni profonde quanto quelle suscitate da un acclamato capolovoro, bisognerebbe giudicare miope il giudizio comune o quello del singolo? A mio parere quello comune.
Grandi artisti nei secoli hanno insegnato agli uomini come l'arte possa nascondersi in ogni manifestazione della realtà, pertanto risulta lecito assumere che, qualora uno veda della bellezza in un'opera in genere ritenuta sterile, questo sia capace di osservare meglio degli altri. Al contrario, se al singolo apparisse privo di significato un lavoro universalmente acclamato, ritengo sia opportuno attribuire a lui la mancanza: l'unico metro di valutazione valido rimane la misura in cui la composizione favorisce il fiorire di emozioni nell'osservatore; W. Kandinsky definisce così il quid, elemento costitutivo e fine ultimo dell'arte stessa: l'efficace contatto con l'anima, o principio di necessità interiore.
In considerazione di ciò, agli occhi dell'osservatore l'importanza dell'oggetto rappresentato in sé dovrebbe sfumare di fronte al processo attraverso cui prende forma il giudizio intorno all'opera: la domanda cardine è come?, non cosa?.
Certamente pensava a ciò John Cage, scrivendo a proposito dell'artista Robert Rauschenberg in Silenzio: Non esistono soggetti poveri (qualsiasi incentivo a dipingere è buono quanto qualsiasi altro). Dante è un incentivo, offrendo molteplicità, utile allo stesso modo di un pollastro o di una camicia vecchia. Ugualmente significativo risulta il fatto che un altro grande artista, Mark Rothko, spesso si dimostrò restio ad esplicitare il significato dei suoi quadri, tanto da abbandonare i titoli di questi ultimi in favore di una fredda e sequenziale numerazione, motivando: Vi è il pericolo che […] si costituisca uno strumento che dirà al pubblico come dovrebbero essere guardati i quadri e cosa cercarvi, il che comporterebbe la paralisi della ragione e dell'immaginazione (e per l'artista una sepoltura immatura).
In conclusione, desidero rivolgere un suggerimento a tutti i fruitori d'arti visive, ma specialmente agli scettici nei confronti dell'arte moderna e contemporanea: cercate la vostra bellezza nel'immagine, non quella dell'autore, non quella della critica. Concedete all'opera il tempo di interrogarvi ed abbandonate il pensiero al colore, alla forma, alla materia o a qualsiasi altro dettaglio vi possa affascinare. L'artista non fa altro che selezionare frammenti di realtà e posarli su di un piedistallo, perciò, se siete in grado di trovare bellezza in un tramonto, in un fiore od in un paio di jeans vecchi, con la dovuta attenzione sarete certamente in grado di trovarla pure nei quadri di Kandinsky, di Matisse o di Burri. Questo è il primo, ed il più importante passo.

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