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26/12/09

“Il Dio Toth”, intervista a Massimo Fini


di Stefano Tieri



«I personaggi di questa storia sono inventati. I messaggi dei media sono autentici.»
Così Massimo Fini nella seconda di copertina del suo primo romanzo, “Il Dio Toth”, edito da Marsilio (pp. 192, 15 €). È lo sconcerto ad assalire il lettore, fin dalle prime pagine; la domanda che si pone invece, proseguendo via via nella lettura, è la seguente: nel momento in cui pretendiamo di informarci tramite terzi, non essendo direttamente a contatto con il fatto, quali possono essere le conseguenze? Se è vero, come scriveva Bonaventura Zumbini, che «la verità è un po' dappertutto, ma dappertutto esagerata ed offuscata», come orientarsi? Proprio la vicinanza di Massimo Fini al mondo dell’informazione rende questa testimonianza – seppur traslata nel contesto romanzesco – così importante per chi voglia dare una risposta a questi interrogativi.

Nel suo romanzo il personaggio della Grande Mousse sostiene che il giornalista ha non solo il compito di informare, ma anche quello di formare. Lei dà a quest’ultimo termine un’accezione negativa, forse anche perché la Grande Mousse oltre ad avere il potere dell’informazione detiene il potere politico…
Sì, formare il cittadino è tipico di ogni Stato autoritario, sostanzialmente; il famoso Stato etico, dove lo Stato si occupa anche delle cose private del cittadino, della moralità del cittadino,… E quindi in questo senso informare nella bocca del capo del giornale, che poi è anche il capo del paese, ha ovviamente un’accezione negativa.

Sì ma il giornalista nella scelta delle notizie, nei commenti che accompagna alle stesse notizie, filtra tutto attraverso il proprio pensiero, dando quindi anche una visione del mondo che è la propria.
Fino ad un certo punto, perché per quanto possa sempre essere tutto molto opinabile (un bellissimo film giapponese, “Rashōmon”, fa vedere come lo stesso fatto visto da 5 persone diverse abbia 5 interpretazioni diverse) in relativo i fatti restano i fatti: quindi se tu vedi uno che sta pugnalando un altro questo devi scrivere. Nella cronaca il margine di interpretazione è relativo.

Dico questo perché leggendo diverse testate di opposti orientamenti politici sembra di essere dinanzi a delle italie completamente diverse l’una dall’altra…
Sì, anche perché qui si parla di politica: siccome la politica è fatta di parole e non di fatti, è chiaro che si possono dire le cose più diverse, contrastanti nel modo più totale, e nessuno ha torto e nessuno ha ragione. È uno dei “vizî” della democrazia, che è fatta sostanzialmente di parole.

Un altro tema cardine del suo libro è la teoria secondo la quale la troppa informazione è in realtà solamente illusione di essere informati…
La troppa informazione uccide l’informazione. Questo vale non solo per l’informazione, ma per tutto. È quello che ti insegnano al primo anno di economia: un cucchiaio di minestra ti salva dalla morte per fame, due ti fanno stare un po’ meglio, tre ti fanno star bene, il centesimo ti uccide. L’eccesso di informazione finisce per passarti attraverso e alla fine tu non ritieni nulla, un po’ come in quel mondo che io descrivo, che non è troppo lontano da quello di oggi.

E proprio a questo volevo arrivare: attraverso la televisione prima e internet poi sembra si stia giungendo a questa situazione: un mondo nel quale si è sommersi da messaggi e da informazioni senza che in realtà rimanga nulla all’interno della persona.
Rimane molto poco. Ci fu un’interessante inchiesta fatta negli Stati Uniti tanti anni fa in cui venivano messi a paragone ragazzi che avevano vissuto nell’era pre-televisiva e ragazzi che invece vivevano nell’era televisiva. Non solo la qualità ma anche la quantità di informazioni ritenute dai secondi era inferiore a quella nei primi; una cosa che ti dice tuo nonno ti rimane in testa tutta la vita, centomila informazioni – anche per una questione di difesa – ti passano attraverso, perché se dovessi ritenerle tutte non vivresti più.

Sempre nel romanzo lei tratteggia due figure che possono essere in qualche modo positive: quella degli uninformed (individui che vivono ai margini del mondo “civilizzato” a cui non arriva alcun tipo di informazione, ndr) e quella di Matteo, il protagonista (un giornalista che ben presto si accorge di trovarsi in un sistema malato, ndr). Lei le ritiene soluzioni valide? L’isolamento dalle informazioni è possibile in questo mondo ed è una soluzione accettabile, che può portare a qualcosa di positivo?
È possibile a prezzo dell’isolamento, perché in questo modo si diventa in qualche modo un disadattato; come lo è Matteo, che pur sostiene col suo lavoro quel sistema che poi ad un certo punto capisce essere tutta fuffa. È un po’ il problema, trasportando alle piccole cose, che ogni genitore si pone con i figli: faccio vedere loro la televisione così li cretinizzo o non gliela faccio vedere ma ne faccio degli spostati nell’ambiente in cui devono vivere?

Bel dilemma… Lei non mi pare abbia scelto comunque la strada della disinformazione più totale: è direttore politico di un mensile da oltre un anno (“La Voce del Ribelle”), collabora a “il Fatto quotidiano”,…
La mia scelta è in un certo senso contraddittoria… io nell’informazione ci lavoro, anche se si tratta di un’informazione più laterale, più marginale. Il problema è: o sto muto oppure parlo anche per dire questo. Pure su “la Voce del Ribelle” l’ho detto: noi utilizziamo – cercheremo di utilizzare – internet e questi mezzi ma l’obbiettivo è poi abbattere internet.

Lei in qualche momento mi pare un po’ sospeso tra il pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà, che a volte sono in contrasto l’uno con l’altro…
Sono totalmente in contrasto tra loro; io ho una visione pessimistica del futuro, questa però non può essere l’atteggiamento di un giovane (i ragazzi che mi seguono hanno più o meno la tua età, 20, 25, 30 anni). Quindi anche la “Voce del Ribelle” e il movimento che ho creato (Movimento Zero, ndr) vogliono tentare di dare uno sbocco positivo, anche contando sul fatto che i giovani – per quello che riguarda il mio pensiero – non lo ripetono in modo talmudico ma lo rielaborano a modo loro e secondo le esigenze, perché comunque un ragazzo di vent’anni non può pensarla come un uomo di sessanta. Scrive Nietzsche: «non fa onore al suo maestro chi rimane sempre di secolo».

Lei ha sempre mantenuto un atteggiamento di denuncia verso la società che le magnifiche sorti e progressive hanno portato. Se lei dovesse dare un consiglio a un ragazzo di vent’anni, dal momento che le prospettive non sembrano delle più rosee, gli consiglierebbe di lottare avanti come ha fatto anche lei stesso?
Sì, io direi – se ci si crede – di fondere idee di questo genere, idee che sono anti-moderniste ma non per questo non attuali: la modernità quando è nata ha creato delle grandi speranze, ma ora ha fallito. Io non colpevolizzo gli illuministi, Adam Smith o Marx, ma a due secoli e mezzo di distanza questo modello in realtà fa star più male che bene, anzi riesce a far star male anche chi sta bene: tant’è vero che fenomeni come depressione e nevrosi sono diffusi più fra i ceti abbienti che in quelli meno abbienti e sicuramente nel mondo occidentale più che nelle società tradizionali…

…e come ha scritto ne “La ragione aveva torto”, più nelle società moderne che in quelle pre-industriali.
Esatto. Ora non si tratta di ritornare al mondo delle caverne, ma di prendere dalle società che ci hanno preceduto alcuni insegnamenti di cui ci siamo completamente dimenticati. La civiltà greca aveva un profondo senso del limite che noi abbiamo perduto; i greci avevano una teoria della meccanica (attraverso Pitagora e Filolao) tramite la quale avrebbero potuto costruire macchine molto simili alle nostre, non lo fecero perché intuirono che andare a replicare la Natura era pericoloso. Molta parte dei loro miti dice questo: che il delirio di potenza dell’uomo – l’hybris – provoca la fthonos theòn, ovvero l’invidia degli dei e l’inevitabile punizione. Naturalmente qui siamo a livello mitico ma il senso è chiaro: l’uomo dev’essere in grado di auto-limitarsi sennò va incontro all’autodistruzione. Il frontespizio dell’oracolo di Delfi era “mai niente di troppo”. Dovremmo quindi riprendere alcune suggestioni del passato per correggere in modo molto radicale la società del presente, per riportare al centro della vita l’uomo e non l’economia o la tecnologia, le quali hanno avuto sempre una parte marginale nella vita dell’umano fino alla fine della rivoluzione industriale.

Lei ha fiducia nell’uomo?
Da una parte non ho fiducia nell’uomo, dall’altra lo vedo come un essere estremamente dolente, perché è l’unica creatura vivente consapevole in modo lucido della propria inevitabile fine. Per cui ci sono due elementi: l’uomo è sì condannato dalla sua stessa struttura (prendiamo appunto la conoscenza: l’uomo è portato a conoscere ma poi la conoscenza finisce per ritorcersi contro di lui; basti pensare a tutte le invenzioni che abbiamo creato, straordinarie sotto certi aspetti, che ci sono venute contro, alla fine); ma d’altro canto questa è la condizione dolorosa di un essere com’è l’essere umano. Chi lo ha inventato dovrebbe essere impiccato.

(intervista rilasciata venerdì 20 novembre 2009)

15 commenti:

Lorenzo Natural ha detto...

Domande interessanti e risposte in linee con la qualità delle domande. Complimenti a Stefano (so che non è stato facile intervistare Massimo Fini) e complimenti a Fini, uno di quelli intellettuali che non ha paura di dire quello che pensa.

Stefano Tieri ha detto...

Grazie mille Lorenzo ;)

Andrea T. ha detto...

Per quanto riguarda la questione della quantità di informazioni, sono d'accordo che sono troppe.
Ciò non toglie che ognuno ha il libero arbitrio di scegliere quali sentire, quante sentirne e da quali fonti.
Per quanto riguada il bambino e cosa deve fare il genitore riguardo la televisione è assai semplice: né troppo né niente. Il genitore consapevole, controlla cosa il figlio guarda, fa vedere certi tipi di film e non altri e così via. Se ciò non accade, è causa dell'irresponsabilità dei genitori. Il ragionamento regge fino ad una certa età del figlio, ovvio.

Andrea T. ha detto...

La questione sull'"abbattere internet" mi fa sinceramente ridere, sarebbe stato da chiedere.... come?^^

Non sono d'accordo con l'autolimitazione dell'uomo. Oltre ad essere, a mio parere, un utopia, va contro la natura stessa dell'uomo: l'uomo è portato all'evoluzione tramite la conoscenza. Certo può accadere che certe invenzioni ci "vengano contro" ma su 10 negative, ce ne sono 1000 positive.
Secondo quali criteri l'uomo dovrebbe autolimitarsi? Lasciar stare tecnologia ed economia? O "non metterle al centro"?
L'economia ha avuto un ruolo di scarsa importanza fino alla fine della rivoluzione industriale? Mi pare che, tanto per fare un esempio, la Repubblica di Venezia, viveva di economia, di commercio. Era l'economia il centro della propria esistenza.
Tutte le guerre fatte per il "dio denaro"?
E la tecnologia è sempre stata al centro dell'uomo, nell'età classica (in cui è stata "coniata" la parola) come nel Medioevo, fino ad oggi.

Io credo che ci debbano essere delle regole nell'evoluzione della scienza: il rispetto della vita umana, se una scoperta dimostra la sua pericolosità non deve essere utilizzata e così via. Ma questi "paletti" non limitano la scienza, la incanalano invece in una direzione giusta.

Stefano Tieri ha detto...

- Fare una scelta presuppone di trovarsi davanti a diverse possibilità e di optare per una piuttosto che per un'altra, la quale viene esclusa. Invece nella nostra condizione la seconda (e la terzo, la quarta,...) scelta influenzano ugualmente il fruitore di informazioni, a meno che ci si rifiuti di accendere la Tv o di naufragare nell'immensa rete di internet.
Bisogna pensare alle “informazioni” non come a cronaca, politica interna ed estera, etc, bensì come dati che da una fonte arrivano al nostro cervello (quindi “informazioni” sono anche i contenuti della pubblicità, dei programmi così detti "di svago" - pura spazzatura, il più delle volte - dei film,...).
Detto questo, se condividi che "la troppa informazione uccide l'informazione", dovresti porti un problema: si è realmente liberi di scegliere, o piuttosto il bombardamento di informazioni che si subisce inibisce il cervello - limitandone capacità, memoria ed efficienza?

- Come abbattere internet? Mi pare sia implicito nel suo discorso: facendo circolare questo genere di idee.

- Dici che la scienza dovrebbe avere come regola il «rispetto della vita umana»; ti vorrei ricordare che il progresso della scienza è SEMPRE stato legato a quello dell'industria bellica. Anzi, che il più delle volte i fondi destinati al primo erano stanziati proprio per gli effetti "benefici" sul secondo. Al giorno d'oggi (non occorre ritornare al passato) quando vedi gli americani (con l'appoggio della Nato) bombardare l'Afghanistan radendone al suolo interi villaggi, con dinanzi un "esercito" che ha a malapena qualche AK47, dove lo vedi il «rispetto della vita umana»?
La "direzione giusta" della scienza mi pare un'idea un po' ingenua, oltre che - questa sì, vista la natura umana - utopica.

- La storiografia "tradizionale" continua a propagandare l'idea che viviamo nel migliore dei presenti possibili, che l'aspettativa di vita è aumentata a dismisura (certo, ma a che prezzo?), et cetera et cetera... Ti presterò un libro di storia del Fini giornalista ("la ragione aveva torto"), molto documentato e in grado di far riflettere (o di far dubitare riguardo ad alcune questioni, per lo meno)... Poi ne riparliamo (starei troppo tempo a riportarti qui tutte le argomentazioni) ;)

Andrea T. ha detto...

-Ripeto: il bombardamento di informazioni c'è, se si decide di fruirne passivamente. Anche la pubblicità: se non la voglio vedere-sentire, cambio canale.
Si è liberi di scegliere se si è capaci di scegliere.
Uno come Fini o come te, sceglie di non accendere la televisione.
Una persona che è sempre stata bombardata, ha meno capacità di scelta.

-beh qua si che la questione diventa ridicola... è come parlare che la guerra è sbagliata, e solo se si fa circalare l'idea, non dovrebbe più esistere...

-"ti vorrei ricordare che il progresso della scienza è SEMPRE stato legato a quello dell'industria bellica", forse per certi campi della scienza, negli ultimi secoli
Non capisco cosa c'entrano i soldati americani con il discorso sul rispetto della vita umana. Io parlavo di "rispetto della vita umana" nel campo scientifico: per fare un esempio, un individuo non può essere obbligato a testare un vaccino e così via.
Le scelte politiche, militari, sull'utilizzo di una scoperta scientifica è altra questione.

La direzione giusta rispetto ai "paletti" che ho citato. Non ho parlato di "direzione giusta" in assoluto.
Quindi dirmi che è un'utopia, è quanto meno esagerato: ho parlato in modo assai improbabile di una situazione che vorrei si compisse.
Molto diverso dal dire " l’uomo dev’essere in grado di auto-limitarsi sennò va incontro all’autodistruzione".

-A me non interessa cosa dice o meno la storiografia moderna.
Ho fatto dei semplici ragionamenti su eventi passati, per mostrare che economia e tecnologia sono sempre stati al centro della vita dell'uomo.
Niente di più, niente di meno.

Non ho sostenuto, come mi pare tu abbia inteso, che viviamo nel migliore dei presenti possibili.

Tommaso Ramella ha detto...

La mia modesta opinione in proposito è che riguardo temi complessi come il rapporto tra scienza e morale, la capacità o meno di esprimere un giudizio e l'auto-limitazione dell'uomo, sia fondamentale non lasciarsi suggestionare da facili slogan o da finti sillogismi. Per quel che mi riguarda, non condivido il modo provocatorio ed estremista che Fini usa per analizzare la realtà.
Riguardo la tecnica che Fini intende usare per abbattere internet non mi pronuncerò, ognuno è libero di fare ciò che vuole fintanto che rispetta la legge.
Per quanto riguarda l'auto-limitazione dell'uomo, ritengo che sia assolutamente fondamentale se intesa come individuazione di limiti oggettivi volta al superamento degli stessi (es. Sappiamo che se tutto il pianeta consumasse come l'americano medio saremmo in un mare di guai, perciò ci auto-limitiamo e risparmiamo energia, mentre nel frattempo DOVREMMO -il condizionale è d'obbligo- cercare il modo di poter consumare più energia senza effetti collaterali).
Passando al problema dell'eccesso di informazioni e della capacità o meno di scegliere da parte degli spettatori, penso che ci sia effettivamente un problema di manipolazione del pubblico, e che questa consista principalmente nell'ostacolare in ogni modo la sua capacità critica: la soluzione dunque, dato per scontato che visti gli interessi dei possessori dei media non ci sarà alcun cambiamento interno spontaneo, consiste nell'educare al giudizio i cittadini attraverso canali diversi, quali la scuola, la famiglia, la lettura...certo, quando lo stato e i media hanno interessi comuni, la faccenda si complica notevolmente, ma non intendo allargare ulteriormente la questione.

Andrea T. ha detto...

Sono d'accordo con te Tommaso, riguardo all'auto-limitazione come il risparmio...
Ma da quanto avevo compreso dal testo, l'autolimitazione di cui parlava Fini, si inseriva in un ragionamento di limitazione del potenziale dell'uomo nella sua evoluzione tecnologica ecc.

Unknown ha detto...

sto seguendo con interesse il vostro dibattito che sta assumendo contorni di un incontro di pugilato in cui al momento ci sono buoni scambi di colpi con punti di vantaggio ora per l'uno ora per l'altro; mi pare che a questo punto, per non restare in utòpia , dovreste più concretamente fare delle proposte politiche per la realizzazione di quanto sostenete nei vostri inteventi contrapposti ; al caso, se volete, potrei dirvi il mio parere, ma quei due di voi che mi conoscono devono valutare se è opportuno, forse è meglio che proseguiate da soli

Stefano Tieri ha detto...

Per Andrea:

- è proprio questo che intendevo: l'assuefazione di dati (questo nei casi limite in cui si passano ore ed ore davanti alla tv) rende incapaci di coglierne degli altri, magari realmente utili, in modo attivo.

- vabeh qui si parla di teorie... Tempo fa ad esempio criticai la scelta di Travaglio di andare in televisione, questo perché qui - a causa del tempo limitato e del telespettatore tipo - un certo tipo di discorso documentato e approfondito (quel tipo di discorso che porta avanti nei suoi libri) non era possibile. Però bisogna constatare che in questo modo il suo messaggio, anche se "indebolito", ha raggiunto molta più gente, venendo così ad assumere anche un peso politico.

- Non solo negli ultimi secoli: dall'uomo preistorico, che imparando a lavorare la pietra cominciò a cacciare (e poi ad attaccare altri gruppi di uomini), è visibile questo parallelismo.
Il fatto che abbia traslato il discorso del "rispetto della vita umana" al campo bellico è dovuto proprio a questo parallelismo.

- «La direzione giusta rispetto ai "paletti" che ho citato. Non ho parlato di "direzione giusta" in assoluto.»
Non credo che l'uomo sia moralmente in grado di farlo. Sarò negativo, ma la storia (non solo recente) insegna.

Per Tommaso:
il problema dell'eccesso di informazione non riguarda tanto la manipolazione del pubblico (che pure c'è), quanto il suo progressivo “cretinizzarsi” (tanto per usare il termine di Fini). Il problema insomma è a monte, ed è legato al mezzo d'informazione, prima ancora che al controllo della tv da parte di qualcuno, più o meno direttamente.
(per quanto riguarda il resto, ho già risposto ad Andrea)

Tommaso Ramella ha detto...

Oh bella, e cos'è il rendere cretina la gente se non una manipolazione? ^^

Olivia, in calce ad un'intervista che tratta temi tanto vari e complessi è difficile esporre un sistema alternativo che non sia almeno altrettanto dettagliato, il che comporterebbe un nuovo articolo...ciò nonostante fai bene a richiamarci all'ordine, perchè spesso queste discussioni finiscono per diventare castelli per aria senza alcuna attinenza alla realtà. Secondo me l'unico modo in questo momento per migliorare la nostra società è che ogni singolo individuo si impegni a diffondere la cultura e con essa la capacità critica: quando le istituzioni sono deboli, sono i singoli cittadini a doverle rinvigorire.

Stefano Tieri ha detto...

per Tommaso:
preferisco tenere separati i due concetti, in quanto il primo mira a imporre un'idea; il secondo a distruggere la possibilità di crearne di proprie, il che mi sembra ben più grave.

Tommaso Ramella ha detto...

E' un discorso sofistico e potremmo andare avanti ore a discutere sul significato che vogliamo dare a "manipolare" o "cretinizzare" etc etc....
il punto è che, a mio parere, il problema non sta nel mezzo di comunicazione in sé così come non sta nella fisica nucleare o nella metallurgia: bisogna essere coscienti delle possibili conseguenze dello sviluppo umano, ma anche un bastone di legno diventa un'arma per uccidere in mano ad una persona che intenda fare del male, e ben prima di internet le folle di romani venivano abbindolate coi classici "panem et circenses"

Andrea T. ha detto...

Confesso che non saprei fare delle proposte politiche.
Posso solo dire che internet è uno strumento fondamentale. Forse Fini e in generale la maggior parte dei fruitori della rete dimenticano: internet è la più grande biblioteca mondiale. Gratuitamente, è possibile consultare migliaia e migliaia di volumi, sparsi in tutti gli angoli del globo. Dai testi classici a quelli moderni, facendo cadere qualsiasi tipo di barriera spaziale, temporale, economica. Basta andare sui siti delle più importanti biblioteche del mondo.
E così via per la condivisione delle foto e dei video, come delle ricerche degli scienziati, che possono tenersi in contatto, ecc ecc.
E ci sono tante altre cose molto positive.
Assai più positive, che negative.

Se questo è il ragionamento, figuriamoci quanto mal sopporto che qui nel nostro paese, l'adsl non arrivi in qualsiasi angolo d'Italia. A causa della politica.
Quindi potrebbe essere considerata na proposta politica attuare ciò(ovvero rendere disponibile a tutti internet)?

Sulle altre questioni non saprei. Più che altro io cercavo di mettere in rilievo delle affermazioni pure anacronistiche.

Se la discussione non continua ancora, il parere lo ascolto volentieri.

Anonimo ha detto...

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