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27/03/10

«I now walk into the wild»

di Stefano Tieri


Un racconto di un viaggio, di una ribellione, di un incontrastabile bisogno di dire “no”. Di un viaggio: un pellegrinaggio che porterà - come vedremo, analizzandone il perché - alla meta estrema dell'Alaska. Di una ribellione: contro l'uomo e la sua morte spirituale. Del bisogno di dire “no”: alla globalizzazione, alla società dei consumi, alla massa imbelle che si trascina avanti sopravvivendo, più che vivendo. Ed è la vita che cerca un giovane ragazzo di vent'anni, non la stabilità del così detto “progresso”, portatore delle più diverse alienazioni: in un mondo in cui ci si riduce a parlare attraverso uno schermo, senza alcun contatto umano, in un'eterna simbiosi uomo-macchina, l'uomo perde lo stesso significato della sua vita, la sua dimensione sociale («happiness only real when shared», annota infatti Chris). Non avendo più a che fare con uomini, ma con automi consumistici, Chris decide di abbandonare tutto e tutti, alla ricerca di un mondo incorrotto.


Fuggire... Separarsi da quell'identità che tanto gli pesa, affinché possa trovare l'identità che gli è propria, ancora da definire. Il primo passo non può che essere quello di dare fuoco alla sua vecchia immagine, bloccata in un sorriso forzato, affiancata da dati e cifre che definiscono univocamente la sua persona. Bruciare la carta d'identità, il Bankomat, il denaro in contanti restante. Addio vecchio mondo, per il quale ora non è più nessuno, benvenuta libertà. «Libertà estrema; un estremista, un viaggiatore esteta che ha per casa la strada».
Nuova nascita, nuova vita: quella del vagabondo, uomo senza tempo, capace di rimanere ore ed ore ad osservare il lento frangersi delle onde sul mare, il volo dei gabbiani sul bagnasciuga, di sentire la voce del vento, tessendo un dialogo con lui... Questo perché non un impegno impellente scandisce la sua vita: solo il vagabondo - o lo spirito che si sente tale - ha la forza di fermarsi a contemplare, uscendo dalla logica corrotta che vede equivalenti il tempo e il denaro. Dove non c'è il tempo, il denaro non ha ragione d'essere. La velocità non è più un valore, e agli occhi del vagabondo l'affannarsi delle grandi metropoli appare folle.
Non a caso ad aspettarlo in Alaska troverà un autobus privo di ruote, e perciò immobile - ma non per questo inutile - in opposizione alla frenesia del mondo “civilizzato” che viaggia a velocità sempre maggiori, perdendo il legame con la terra sulla quale vive. Quel legame che Chris cercherà di ristabilire proprio in Alaska...


Perché l'Alaska? Qui non c'è traccia di uomo; visto cosa l'uomo è diventato, solo qui Chris - o meglio Alexander, il nome scelto per la nuova identità - potrà scoprire cosa l'uomo è in realtà: la sua natura più profonda e indomita, la riscoperta del silenzio e della seguente meditazione, la forza del vento e delle tempeste.
Solitudine come preludio di libertà, se la libertà è l'imposizione di un proprio pensiero, capace di sovrastare la miriade di non-pensieri di cui è permeata la società: è in solitudine che la mente apre le porte all'infinito, ed è il silenzio il principale alleato in questa guerra di imposizione del proprio io.
Non è soltanto questo però il motivo della scelta dell'Alaska: si viaggia per entrare in contatto con identità sconosciute ed estranee, confrontando le quali alla propria è possibile rafforzarla e delinearla meglio. In un mondo come il nostro però, governato dalle leggi della globalizzazione - la quale unifica culture e tradizioni - nessun posto può darci quella sensazione di estraniamento dinanzi al nuovo da cui scaturisce il confronto fra diverse culture. Questo perché non esistono più diverse culture, o meglio esistono ma in luoghi sempre più remoti (e non è un caso che col passare degli anni le mete dei viaggi “di piacere” si spostino sempre più lontano da casa). Dove c'è l'uomo arriva anche la globalizzazione (presto o tardi che sia); ecco allora la risposta: scegliere un luogo in cui l'uomo non c'è.


«L'apogeo della battaglia per uccidere il falso essere interiore sugella vittoriosamente la rivoluzione spirituale»: tutto è tratto da una storia vera, una storia di una ventina d'anni fa. Eppure tutto rimane molto attuale, guardandosi attorno.

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