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29/01/10

Nostalgia, estetica e sacrificio. Yukio Mishima e il sogno del ritorno del Sole Imperiale

di Lorenzo Natural




"La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre."

Ci sono personaggi che il passato ci ha donato e che ci appaiono misteriosi, difficili da decifrare. O semplicemente siamo noi a non essere in grado di comprenderne il significato e l'insegnamento che hanno lasciato tra il turbinio del veloce e inesorabile incedere della Storia. Yukio Mishima è sicuramente uno di questi: drammaturgo, scrittore di apprezzato valore, l'unico autore giapponese moderno che "fosse degno di mettere in scena le proprie rappresentazioni di teatro Kabuchi e No"; ma anche un uomo che non ha avuto paura di affrontare la morte come pegno per la fedeltà che da sempre ha donato al suo paese, il Giappone.
Sarebbe riduttivo parlare di Mishima citando le sue opere o tracciandone una mera vicenda artistico-biografica, tralasciando ciò che veramente risplende nelle coscienze di chi ha la fortuna di capirne la statura e la grandezza. Tuttavia, presumendo che non tutti abbiano presente la figura di Mishima, ritengo che un cenno alla situazione e al contesto in cui egli si inserisce sia obbligatoria.

Terminata la Seconda Guerra Mondiale con la vittoria delle democrazia statunitense e di quelle europee, il Giappone -che come ben sappiamo formava il cosiddetto asse Roma-Berlino-Tokyo in contrapposizione alle prime potenze da me citate- si ritrovava in una situazione molto delicata: da una parte gli ultimi brandelli di resistenza (eroica, ma disorganizzata) anti-americana, dall'altra un Paese devastato dai bombardamenti di Nagasaki e Hiroshima. Per evitare di cadere nel baratro dell'isolamento, il governo e l'imperatore decisero di approvare una nuova costituzione pacifista nel 1947, de facto proposta dagli Stati Uniti, paese che occupò l'ex Impero del Sol Levante fino al 1952. Il Giappone si ritrovò, così, a pagare a caro prezzo la sconfitta del conflitto: tuttavia -aiutata dagli stessi USA- la ripresa economica fu quasi immediata, facendo del Giappone uno dei pilastri dell'economia mondiale del mondo moderno.
Se questa vena progressista ha fin dal '52 mostrato il suo lato positivo, è inutile nascondere che la totale sottomissione ai vincitori ha leso in modo quasi definitivo le millenarie radici dell'Impero Giapponese, e con esse lo spirito degli uomini che avevano dedicato anima e corpo all'ideale supremo della sacralità imperiale.

E in questo humus politico, tra vecchi eroi dimenticati e giovani ragazzi con lo spirito e lo sguardo ancora rivolti alla luce del Sole a sedici raggi della vecchia bandiera dell'arcipelago, si inserisce la giovane vita di Yukio Mishima (pseudonimo di Hiraoka Kimitake).
Naturalmente le solite malelingue moraliste non hanno esitato a definire Mishima un "filo-nazifascista" (termine alquanto improprio, ma di cui si è fatto -e si fa- un uso spropositato), non riuscendo ad accettare la figura di un uomo che, nonostante la sconfitta del proprio Paese, è rimasto fedele ad esso fino all'ultimo giorno della sua vita. Mishima non era un estremista, non amava definirsi né di destra né di sinistra: era un tradizionalista, un nazionalista, un conservatore decadente, come lo definì emblematicamente Moravia. Non voleva lasciare che il Giappone si piegasse alle leggi del mercato capitalista statunitense a discapito delle secolari leggi del codice d'onore samurai e del Bushi-do: insomma, verrebbe da dire un sognatore, un romantico che non accettava di sottomettersi ai nuovi padroni, ben sapendo, in cuor suo, che la sua resistenza sarebbe risultata infruttuosa, a lungo termine.

Il primo Mishima, tuttavia, era un giovane ragazzo come tanti, impegnato in studi e attività lavorative di ambito giuridico, che ben presto scoprì non essere adatte al suo stesso ego. Yukio lasciò questa strada per intraprendere la via più dura della scrittura; in questa arte poté esprimere al meglio i propri sentimenti, che non riguardavano soltanto tematiche politiche, anzi: nei primi capolavori (Confessioni di una maschera e ancor di più in Colori Proibiti) traspare l'anima estetica dello scrittore. Tra le pagine delle sue opere s'intrecciano -con interessanti spunti autobiografici- storie di novelli Narciso, relazioni omosessuali e analisi psicologiche. Il culto della bellezza estetica divenne uno dei capisaldi di Mishima: un culto del proprio corpo talvolta esasperato, ma che coincide con l'ideale di perfezione riconducibile non solo allo spirito della cultura giapponese, ma addirittura alle Tradizioni dei perfetti fisici degli uomini e dei semi-dèi dell'Antica Grecia, a cui Yukio spesso affermò di ispirarsi.
Un'adorazione e cura del proprio corpo che lo portarono a cimentarsi nel culturismo, oltre alla pratica di numerosi arti marziali. La ricerca di un perfetto equilibrio tra estetica e interiorità, pensiero e "armatura", esteriorità e essenza furono sempre alla base della sua vita.

In Mishima, questa condotta di vita ebbe notevole influenza sull'aspetto spirituale, ma soprattutto "politico". La sua devozione quasi maniacale all'allenamento continuo del proprio corpo, portò Yukio a fondare il Tate no kai, un piccolo gruppo di fedeli guerrieri disposti a reincarnare i valori simbolo dei vecchi samurai: amore e difesa della Sacra Patria e ricerca del proprio equilibrio.
Onestà, Coraggio, Sincerità, Onore, Dovere e Lealtà: la via del guerriero che gli antichi maestri avevano tracciato, riviveva di luce splendente in Mishima e nel suo esercito. Il Sole imperiale tornava a splendere sull'Acciaio delle armature dei nuovi guerrieri giapponesi; l'Imperatore -visto come simbolo sacro alla Tradizione, e non come singolo uomo- era ancora circondato da un manipolo di uomini che avrebbero donato la loro stessa vita pur di difenderne l'ombra.

Tuttavia, a malincuore, Mishima dovette constatare come oramai il suo Paese era stato irreversibilmente corrotto dai nuovi dèi della modernità, insediatisi tra il feticismo delle merci e la cupidigia del mercato. Solo pochi continuavano a opporsi al Nuovo Giappone, lontanissimo parente di quell'ancestrale misticismo che caratterizzava il Vecchio Paese del Sol Levante.
Incapace di poter vivere in un mondo non suo, attanagliato da un sentimento di spaesamento interiore più che fisico, Mishima e gli ultimi samurai a lui fedeli decisero di urlare al Paese intero il loro ultimo grido di libertà. Occupato il palazzo dell'esercito di autodifesa, Mishima esaltò a gran voce, per l'ultima volta, lo spirito del Giappone Imperiale. Rimasto inascoltato, si tolse la vita assieme al fidato amico Morita con la pratica samurai del seppuku (da non confondere con l'harakiri). Il tutto venne ripreso dagli increduli obiettivi delle telecamere dei giornalisti, rimasti totalmente esterrefatti dalla lucidità che mantenne Mishima fino -e persino durante- il momento del suicidio.
E così il 25 novembre 1970 -data, peraltro, designata già alcuni mesi prima dallo stesso Mishima- , all'età di 45 anni Yukio Mishima decise di morire assieme al suo Paese, ormai sull'orlo del precipizio di quella modernità che lo scrittore giapponese aveva sempre combattuto. La fermezza, la calma, l'equilibrio raggiunto, permisero a Yukio di intraprendere il cammino verso la consapevolezza e la necessità della morte con una tale lucidità da spaventare qualsiasi uomo di questo tempo di mezzo della storia.
Un insegnamento a vivere e a morire che pochi uomini hanno saputo impregnare nelle vicende umane dell'ultimo cinquantennio.


Alla luce di ciò, tentare, come siamo soliti fare, di affibbiare a Mishima l'una o l'altra etichetta, non è soltanto riduttivo, ma disonorevole per un uomo, che nel Bene e nel Male, ha vissuto in funzione di un Ideale. Giudicare se sia stato più o meno sensato il sacrificio finale di Yukio non avrebbe alcun senso; come non lo avrebbero i giudizi moraleggianti su un presunto ripudio della vita da parte di Mishima.
Potrò apparire retorico, ma in un Paese depravato dalla sua essenza più viva, dalle sue Tradizioni più splendenti, dal suo fascino più occulto, Mishima ha saputo ridare vigore a tutto ciò. E se questo non è bastato per cambiare qualcosa a livello meramente pratico e politico, il suo ricordo resta indelebile in chi ha la fortuna di apprezzarne il significato, le sue gesta scolpite nella memoria della Storia, le sue opere impresse nei libri delle biblioteche.
Il sacrificio della propria vita rappresenta sì una difficile rinuncia alla volontà di "voler vivere per sempre", ma soprattutto l'ultimo atto di fedeltà a un ideale supremo, un "valore più alto del rispetto della vita. Un valore che non è la libertà, non è la democrazia, ma è il Giappone".

25 commenti:

Lorenzo Natural ha detto...

NB: scusate, ho fatto un po' di confusione con il PC: l'articolo sarà completato entro domani 1/2.

Stefano Tieri ha detto...

Leggendo l'articolo mi è tornato alla mente un lungo reportage di Montanelli del '51, sul Giappone post-bellico ancora occupato dagli americani. La cosa che mi aveva più colpito era la volontà di alcuni - consapevoli della loro prossima sconfitta - di conservare la statura morale del loro popolo, sebbene il contatto con la mentalità capitalista avrebbe portato (come hai scritto) a ben altri risultati...

Giulio Rosani ha detto...

Lavoro ben fatto, apprezzo molto che tu abbia sottolineato che il seppuku non è quello che spesso viene chiamato harakiri(lett. taglio dello stomaco). Harakiri si può fare cadendo in cucina su un coltello, il seppuku, per quanto possa sembrare sbagliato, è un rituale e come tale va trattato. Inoltre il fatto di voler giudicare con un metro europeo un giapponese dimostra ancora una volta quanto poco ancora comprendiamo del popolo nipponico.

Andrea T. ha detto...

Hai scelto un personaggio molto interessante, che non conoscevo, con una personalità assai complessa.

Non mi sono piaciute delle considerazioni storiche che hai fatto, ma non voglio iniziare una discussione sull'"eroica resistenza" di uno Stato che si alleò con Hitler ovvero, a mio vedere, con il Male assoluto.

"come non lo avrebbero i giudizi moraleggianti su un presunto ripudio della vita da parte di Mishima."
mah un cattolico che ti sente dire il suicidio, rituale o meno, come "giudizio moraleggiante" non sarebbe molto d'accordo.

A quanto ho letto, Mishima si laureò in Giurisprudenza, completando i suoi studi giuridici, non volle proseguire la carriera giuridica e si dedicò alla scrittura. Che la scrittura fosse una via più dura, è tutto da vedere.
Ed era considerato da certa critica un "fascista" non un "filo-nazifascista", in questo caso, c'è differenza.


Una considerazione finale: mi pare quantomeno strano che questa "tradizione millenaria del Giappone" sia stata del tutto distrutta da 8 anni di capitalismo e presenza degli americani sul suolo nipponico. Sarà forse che la gente non ne poteva più di vivere senza libertà, in una società perlopiù arcaica? E solo perchè esiste una tradizione, non significa che sia sempre la migliore o che non possa modificarsi.

Tommaso Ramella ha detto...

Ok come moderatore mi sento in dovere di intervenire, Andrea, per evitare una discussione che diventerebbe la fotocopia di quella già riscontrabile nei commenti all'articolo sulla globalizzazione. Se vogliamo muovere critiche ad un articolo, cerchiamo di farlo in modo da non finire in una stagnante discussione circa le nostre personali visioni del mondo. Mi sembra chiaro che tu e Lorenzo la pensate in modo assolutamente diverso riguardo i soliti temi di morale, capitalismo etc etc, perciò a meno che non siate disposti ad aprire un vero dialogo al riguardo (sempre che sia possibile), vi invito a discutere in modo costruttivo.

Lorenzo Natural ha detto...

Rispondo tranquillamente, visto che credo in quello che scrivo (forse troppo) e le critiche -se giuste- mi "rafforzano". poi per me è sempre un piacere cercare di far capire a chi non la pensa come il mio punto di vista. Detto questo raccolgo -ma l'ho sempre fatto- l'invito di Tommaso.

Allora, in breve, Andrea:

-le considerazioni storiche che ho fatto non ti piacciono perché abbiamo una visione diversa su questi argomenti, quindi non posso pretendere che ti "piacciano" (penso valga lo stesso per te).

-la stessa cosa vale per i cattolici: se non sono d'accordo con me, fa nulla.Non pretendo che ciò che scrivo sia in sintonia con tutti: esprimo il mio pensiero come è nello spirito di questo blog... ps: non credo che Mishima si preoccupasse del giudizio dei cattolici :)

-sì, giusto, Mishima ottenne anche un posto di una certa importanza in ambito giuridico... Volevo scrivere che lasciò il lavoro per inseguire la passione della scrittura. Correggo.

-da chi era considerato "fascista"? Non ho capito la tua affermazione.

-Il Giappone ha una storia particolare, come ha detto Giulio... Terminata la II Guerra Mondiale, il paese era letteralmente devastato! Ovviamente gli USA hanno promesso un nuovo benessere (si ritorno al solito discorso: quanto durerà? L'anno scorso pure il Giappone ha risentito di una profonda crisi figlia di questo sistema) in cambio della sottomissione nemmeno tanto tacita: oggi il Giappone è uno dei paesi più importanti in campo economico, tecnologico ecc proprio in virtù di ciò. Ho avuto anche il piacere di conoscere 3 ragazzi giapponesi, e da come mi raccontavano e da come parlavano, sembravano più americani loro che gli americani stessi! Tuttavia mi raccontavano che se i giovani oramai sono perfettamente integrati in questo modello, i più vecchi sono molto distaccati da come si muove oggi il Giappone. Ma d'altro canto i vecchi moriranno e con loro le memorie di un paese che -a mio modo di vedere- conserva ancora un fascino stupendo...

Lorenzo Natural ha detto...

per Giulio:

Ti ringrazio per il complimento.

Comunque, che io sapessi anche l'harakiri è un rituale, ma è un rituale di suicidio per evitare una morte disonorevole (ad esempio alcuni samurai praticavano harakiri piuttosto che venir catturati e imprigionati; anche se oggi il termine è usato per circostanze che non c'entrano nulla con questo contesto); mentre il seppuku è un rituale sacro di sacrificio.
Correggimi se sbaglio.

Andrea T. ha detto...

-non è che non mi piace, non la capisco... perchè la resistenza nipponica sarebbe stata eroica? (Interpreto l'aggettivo eroico come qualcosa che dà un valore positivo al sostantivo a cui si riferisce.)

- io criticavo l'uso delle parole "giudizi moraleggianti" rispetto al suicidio, la posizione dei cattolici, per esempio, è un giudizio legato alla fede ecc ecc

-da quanto ho letto, Mishima era considerato un "fascista" non un "filo nazifascista", non sono parole con lo stesso valore.

-la memoria e gran parte della tradizione di un paese soppravvive alla morte dei "vecchi"... c'è sempre qualcuno che tramanda e porta avanti... che poi la maggior parte dei giovani non accettino una tradizione e vogliano magari la novità, è un'altra questione.



Secondo me, a parte la questione storica, Tommaso, non ho messo altro che potesse portare a discussioni interminabili. Non ho dato giudizi di valore sul capitalismo, ho semplicemente fatto notare quanto ho scritto sulla tradizione millenaria ecc.
Dove starebbe la mia presunta visione del mondo qua, proprio non so^^.
E tra l'altro, magari non si è notato, ma mi sono pure complimentato, molto sinceramente, della scelta del personaggio fatta da Lorenzo, non so che vuoi di più moderato.xD

Tommaso Ramella ha detto...

Ahah Andrea, la nostra visione del mondo viene fuori con ogni parola, molto più di quanto si possa pensare...comunque non intendevo reprimere i tuoi commenti, solo cercavo di evitare che si ripetesse una sfilza di 40 e passa commenti su temi vastissimi e complessi che evidentemente non possono essere trattati in modo efficace nei commenti di un blog. Discutere di problemi come il Male assoluto, l'eroismo e la morale cristiano ci porta fuori strada, e lo dico perché io per primo penso di aver sbagliato a trattare argomenti del genere l'ultima volta. Il problema è che siccome questi temi sono estremamente importanti, ognuno di noi tende a voler avere l'ultima parola al riguardo, e finisce per non ascoltare veramente quello che l'altra persona sta dicendo. Perciò rinnovo il mio invito a cercare di restringere l'ambito di discussione online, in vista di una imminente riunione di Pot-pourri in cui possiamo liberamente trattare questi temi.

Lorenzo Natural ha detto...

-secondo me, un esercito decimato e disorganizzato che continua a difendere la propria patria nonostante la sconfitta sia ormai segnata merita un enorme rispetto.

-vedo difficile che un giapponese possa essere "fascista", quando il Fascismo è un movimento nato e morto con il suo "capo".

Comunque Mishima è tanto altro: è una personalità complessa che merita attenzione, anche se a volte nelle sue opere ci può sembrare troppo distante da noi (come abbiamo constatato io e Tommaso l'altra sera...)

Andrea T. ha detto...

-quindi i nazisti, ovvero i tedeschi, che cercavano di bruciare gli ultimi ebrei e distruggere i forni crematori, i lager, quando la sconfitta è ormai segnata, per difendere la propria patria, ovvero nascondere i propri crimini, merita rispetto? Non lo so.
Tu parli dell'esercito giapponese in questo caso, quindi il discorso può variare. Ma non so quanto.

-fascista rimane comunque come parola, pure in senso spregiativo: persona dispotica, oppure prepotente.

Parlando di Mishima, non ho nessun giudizio su di lui, solo la curiosità di leggere i due romanzi che hai citato.

Andrea T. ha detto...

OT[Credo tu mi abbia frainteso Tommaso, infatti io non avevo nessuna intenzione di discutere dei problemi che hai citato. La morale cristiana poi??? Io ho fatto solo un esempio, come spiegato sopra.

(Quando abbiamo discusso su quell'altro "articolo" c'è stato anche il fatto che io ti sono andato indietro nei tuoi argomenti.)
Comunque sia io non penso sia mai una questione di avere l'ultima parola (in quel caso non mi metto a discutere nemmeno O: ). Io la vedo più come una sfida di argomentazioni. Pensaci: ognuno espone le proprie convinzioni, è ovvio che il disaccordo resta tra i due "litiganti" (quasi sempre). Però ci sono altre persone, che magari leggono il commento ed intervengono a loro volta, per dare un loro contributo o per aderire ad una tesi. Sia come sia, possiamo sperare di "influenzare" gli altri. Quindi anche quella discussione che abbiam fatto non è stata sprecata, anche se ci siamo fraintesi.

Questo non vuol dire che è un bene andare off-topic, introducendo problemi,ecc importanti: se capita, bon, non succede niente di male, basta che non sia l'abitudine; quindi alla fin fine son d'accordo con te lol]

Andrea T. ha detto...

[Aggiungo una cosa: quale sarebbe la mia visione del mondo? Io francamente non saprei rispondermi/ti.
Già la nostra prof. di italiano in 3a superiore ci parlò della Weltanschauung.... francamente una parola applicabile a così tanti contesti, così astratta, non mi piace; sarà che preferisco una certa concretezza]

Unknown ha detto...

Il LOLLONE sta divenendo pian piano il mio scrittore preferito...
RICCI
(per l'auotore del pezzo LA ROSIE)

Tommaso Ramella ha detto...

Ahah, Andrea, premesso che non mi azzarderei mai a definire in modo assoluto la tua "Weltanschaung", né quella di nessun altro, ti faccio un esempio di cosa intendo quando dico che si riesce a capire molto di una persona, di qualsiasi persona, da quello che scrive. I tuoi primi tre commenti riguardo l'articolo su Mishima fanno riferimento: al Male Assoluto (argomento su cui mi piacerebbe discutere, in separata sede :P), alla morale cristiana e allo studio di giurisprudenza. Segue la riflessione finale che sostanzialmente mette in dubbio le responsabilità del del mondo occidentale nel mutamento della cultura giapponese tradizionale. Senza entrare nel merito delle singole riflessioni, penso che la loro somma fornisca se non altro uno schizzo generale della tua Weltanschaung, la visione del mondo di una persona cattolica, che studia giurisprudenza, che crede nel capitalismo come sistema economico globale. Non è un voler ridurre le persone a quello che si capisce da un commento online, sono deduzioni tratte da quanto c'è scritto. E suppongo che anche tu, leggendo quello che scrivo, possa farti un'idea, seppure limitata, della mia visione del mondo :)

Lorenzo Natural ha detto...

Oh, grazie Ricci! ahahah


per Andrea:
-ho parlato di un esercito che difende la patria, non di azioni criminali.

-beh, sappiamo che il termine "fascista" oggi viene usato un po' a caso (come con il termine "comunista", anzi, molto di più). Ripeto, definire fascista è errato per due motivi: primo, perché non lo era (il Fascismo nasce e muore con Mussolini, che poi si etichettino come neofascisti altri movimenti, non so che dirti); secondo, perché, se ciò viene detto da una certa parte della critica (non ho ancora capito quale...), viene fatto solo per screditarne il nome, utilizzando un epiteto che oggi viene visto come dispregiativo.

Le opere di Mishima non sono per nulla facili: io sto aprezzando "Sole e Acciaio" e "La Via del Samurai", che incarnano più lo spirito "politico" (scusa il termine inappropriato, ma era per farti capire), ma ce ne sono molte altre di temi diversi: oltre quelli citati, ricordo "Il Padiglione d'Oro", oltre alla raccolta "Il mare della fertilità".

Tommaso Ramella ha detto...

Ho addentato il padiglione d'oro e mi sono più o meno rotto i denti sul muro che separa la nostra cultura da quella di Mishima...se qulacuno ha denti più forti mi faccia sapere che gusto ha! :P

Lorenzo Natural ha detto...

Bisogna uscire dalla nostra mentalità per apprezzarlo...

Tommaso Ramella ha detto...

E fu così che la metafora venne sciolta :P ... perfettamente d'accordo con te Lorenzo, bisogna provare ad immedesimarsi in una persoa per comprenderla...anche se a volte è molto difficile

Andrea T. ha detto...

"Naturalmente le solite malelingue moraliste non hanno esitato a definire Mishima un "filo-nazifascista" (termine alquanto improprio, ma di cui si è fatto -e si fa- un uso spropositato)"

Da quanto avevo letto io, d'altra parte, l'hanno definito "fascista" non filo-nazifascista. niente di più.^^

Andrea T. ha detto...

Sempre OT per Tommaso^^
"la riflessione finale che sostanzialmente mette in dubbio le responsabilità del del mondo occidentale nel mutamento della cultura giapponese tradizionale" hai detto bene: sostanzialmente, ma non chiaramente. Ho posto un quesito proprio come hai detto tu, per riflettere. Infatti non conoscendo questa tradizione millenaria, ne tantomeno la storia del Giappone, non ho certo detto: non è vero che il capitalismo o il mondo occidentale ha cambiato del tutto il giappone, ecc, ho solo dato una possibilità diversa.

Se vuoi sapere la mia visione sull'argomento, è ancora diversa.

Non ho parlato di morale cristiana né dato un mio giudizio di valore sulla stessa. Ho detto che la posizione del cattolicesimo nei confronti del suicidio, non può essere etichettato come "giudizio moraleggiante". Potevo prendere come esempio qualche altra religione, e dire lo stesso.
(tanto per farti capire: non trovo sbagliato che Mishima si sia suicidato)
Forse in uno dei prossimi articoli parlerò riguardo la morale cattolica e cristiana o simili, e quindi conoscerai un po' la mia visione sull'argomento.
Tra l'altro se mi definisci cattolico, mi insulti xD (sul serio)

Rispetto la giurisprudenza, ho solo criticato questo "Che la scrittura fosse una via più dura". Vedila come una "difesa della categoria" e un "diritto all'uguaglianza" tra tutte le materie dello studio umano, non la mia personale visione sullo studio della giurisprudenza o che so io.

che creda nel capitalismo l'abbiam appurato in altra sede ^_^

L'unica idea che mi faccio su di te o altri, sono le opinioni che apprendo su un dato argomento. Non tento di dedurre nulla, se no poi è grave.

Tommaso Ramella ha detto...

Il problema è che le opinioni che esprimiamo riguardo un argomento non osno mai "neutre", sono sempre più o meno soggettive, e per soggettive intendo che esprimono il pensiero del soggetto. Non so se tu lo abbia fatto di proposito o meno, ma l'ultima riflessione è un buon esempio di frase non neutra, che lascia trasparire il tuo pensiero. Ti pare "quantomeno strano" (per non dire assurdo?) che la tradizione millenaria del Giappone (perché tra virgolette?) si stata spazzata via da 8 anni di capitalismo. Non occorre che ti dica quanto soggettiva sia la domanda retorica "Sarà forse che la gente non ne poteva più di vivere senza libertà, in una società perlopiù arcaica?". Io non dico che le deduzioni che facciamo siano giuste, dico che dipendono da quanto c'è scritto, poi non posso sapere se quanto c'è scritto esprima veramente il tuo pensiero.
Il problema che mi sono posto nel suggerirti di non andare fuori tema, leggendo il tuo primo commento all'articolo di Lorenzo, è il seguente: il problema del Male Assoluto e del nazismo, quello che pensa la morale cristiana del suicidio, l'uguaglianza dei diritti tra giurisprudenza e letteratura...sono tutti argomenti che riguardano il modo in cui si è espresso Lorenzo, molto più di quanto non abbiano a che fare con Mishima. Se vogliamo parlare del personaggio di Mishima, un uomo appartenuto a una cultura radicalmente diversa dalla nostra, dobbiamo provare a immedesimarci, a comprendere le sue ragioni.

Andrea T. ha detto...

Io ho criticato il modo in cui si è espresso Lorenzo rispetto a certi contenuti. Non vedo perchè dovrei parlare di Mishima, di cui, tra l'altro, riesco a comprendere le ragioni, visto che l'articolo non è semplicemente su Mishima.
L'unica cosa fuori tema, è il nostro dialogo.^^

(Se volevo dire assurdo, dicevo assurdo O: )

Tommaso Ramella ha detto...

Secondo me il problema è questo, e penso che ne dovremo parlare al prossimo incontro per non continuare a riempire il blog di nostri dialoghi "fuori luogo": nostro interesse, in questi articoli, non dovrebbe essere approfondire la conoscenza dei lettori delle posizioni di Tommaso, Andrea, Lorenzo etc etc. circa i temi più vari e disparati. L'intento di questo blog è tentare (per quanto possibile) di informare i lettori seguendo un approccio "scientifico", ovvero, per quanto possibile, oggettivo. Non inizierei una discussione sull'effettiva esistenza dell'oggettività o cose del genere, penso che il concetto sia chiaro. Ora, Lorenzo, come facciamo tutti, ha inserito nell'articolo una serie di riflessioni personali, ma il nucleo dell'articolo dovrebbe restare la figura di Mishima, non quella di Lorenzo. Allo stesso modo, i nostri commenti dovrebbero focalizzarsi sul pensiero di Mishima, non su quanto Lorenzo pensa di Mishima. Altrimenti il tutto perde di significato: se vogliamo semplicemente chiaccherare scambiandoci opinioni sui massimi sistemi, non occorre scrivere articoli. Il fatto che il nostro dialogo continui su queste pagine è unicamente dovuto al fattop che in questi ultimi tempi non abbiamo avuto modo di fare una bella riunione, ma, come detto, rimedieremo presto :)

Lorenzo Natural ha detto...

Penso che sia normale che ci sia la personalità di ognuno in ogni articolo: non riportiamo meri fatti di cronaca, scriviamo di cose su cui abbiamo sviluppato un pensiero nostro. Anche se -ovviamente- lasciarsi andare in eccessiva soggettività riguardo un determinato argomento è sbagliato.

ps: Andrea, io accetto le critiche, ma ognuno ha le sue idee e convinzioni.