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14/01/10

Che cos'è la globalizzazione?

di Andrea Tamaro

Questo non è propriamente un articolo. Ricopierò quanto scritto nel libro di "Diritto costituzionale", Roberto Bin-Giovanni Pitruzzella, Giappichelli Editore, che cerca di dare una "semplice" spiegazione su cosa sia la globalizzazione (e come funzioni) e il rapporto col territorio e la sovranità dello Stato. In questo modo, una discussione su questo tema, potrà essere condotta con una maggiore chiarezza.



"L'indebolimento del controllo che, nell'attuale momento storico, lo Stato esercita sul proprio territorio è da collegare soprattutto all'affermazione di quella che viene chiamata globalizzazione, cioè la creazione di un mercato mondiale in cui i fattori produttivi si spostano con estrema facilità da un Paese all'altro.
Alla base della globalizzazione dell'economia stanno soprattutto i seguenti fattori:


  • il progresso tecnologico nel campo dei trasporti, che rende sempre più facile ed economico lo spostamento dei beni da un luogo all'altro;
  • la "smaterializzazione" delle ricchezze tradizionali, attraverso la cosidetta "finanziarizzazione" dell'economia, che sempre di più si basa sulla proprietà e lo scambio di risorse finanziarie piuttosto che sul possesso di beni materiali;
  • l'accresciuta importanza strategica ed economica di altri "beni immateriali", come la conoscenza e l'informazione;
  • lo sviluppo dell'informatica e la creazione di reti telematiche, che rendono possibile il rapidissimo spostamento di informazioni e di capitali da una parte all'altra del Pianeta;
  • lo sviluppo di sistemi produttivi flessibili, che consentono alle imprese di spostarsi rapidamente da un luogo all'altro o di allocare le diverse fasi del ciclo produttivo in aree territoriali diverse (si pensi ad alcune imprese leader nel settore dell'abbigliamento, che insediano i centri di disegno dei capi e le strutture che curano il marketing nel cuore dell'Europa, in modo da utilizzare le migliori risorse umane in questi campi, mentre la lavorazione degli indumenti avviene in Paesi extraeuropei dove il costo della manodopera è più basso).
Dalla globalizzazione dell'economia discendono numerose conseguenze. Anzitutto le risorse più importanti, è cioè il capitale finanziario, le informazioni e le conoscenze, che per loro natura non sono legate al territorio (si dice perciò che l'economia si è "deterritorializzata"), si spostano da un luogo all'altro, e perciò anche da uno Stato all'altro, alla ricerca del luogo più conveniente in cui posizionarsi, sfuggendo pressochè integralmente al controllo dei poteri pubblici. In secondo luogo, gli Stati sono sempre più influenzati da decisioni che vengono prese al di fuori dei loro confini, ma che hanno effetti considerevoli all'interno del territorio dello Stato (si pensi alla decisione dei grandi investitori di realizzare vendite massicce dei titoli del debito pubblico di un determinato Stato, mettendone in crisi la liquidità, determinando un rialzo dei tassi di interesse e il conseguente aumento del debito dello Stato; oppure si pensi alle conseguenze, sul livello dei prezzi, e perciò sul tasso di inflazione, delle decisioni prese dai Paesi produttori di petrolio o da grandi gruppi multinazionali - questi esempi sono alla base delle nozioni del corso di economia NdT). In terzo luogo, si realizza una competizione tra Stati per attrarre imprese e capitali e, in questo modo, per aumentare la ricchezza che esiste e si produce nel loro territorio. Infatti, la velocità e la facilità di spostamento dei principali fattori produttivi fa sì che essi tendano ad allocarsi in quelle aree territoriali dove incontrano regole legali, sistemi fiscali, amministrazioni pubbliche e qualità del capitale umano, tali da rendere più conveniente l'attività.
Ciò significa che gli Stati si trovano davanti ad un'alternativa secca: o chiudere le proprie frontiere agli scambi con l'esterno, esponendo il Paese al rischio dell'impoverimento, oppure garantire la piena libertà di movimento dei capitali, beni e servizi, accettando così di conformarsi alla logica del mercato globale ed alla competizione tra aree territoriali. Ma l'adesione alla seconda alternativa comporta una certa riduzione delle scelte politiche consentite allo Stato. Infatti, gli operatori interni ed internazionali fanno confluire i propri capitali nel territorio di uno Stato finchè vi siano sufficienti prospettive di guadagno, e cioè non solo regole convenienti, disponibilità di infrastrutture, amministrazioni efficienti, ma anche una pressione fiscale tollerabile, un bilancio pubblico sano, un uso efficiente delle risorse pubbliche. Lo Stato è formalmente libero di adottare gli indirizzi politici che ritiene più opportuni, ma sostanzialmente è costretto a sottostare al giudizio del mercato e, quindi, a seguirne indirizzi politici compatibili con le esigenze della competizione internazionale.
In conclusione, non è più vero che lo Stato abbia piena sovranità sul suo territorio, tanti essendo i condizionamenti provenienti dai mercati internazionali."

Per definizioni di natura economica di termini riportati, in caso di necessità, le trovo velocemente sul libro di economia.

Questa è la globalizzazione. Giusta? Sbagliata? Io non credo si debba riflettere in questi termini. E' il modo in cui si è evoluta l'economia, e come ho già sostenuto e credo, se è così, è perchè gli uomini hanno così scelto. Si può criticare in certi suoi aspetti, certo. Ma bisogna forse ricordare, e questo è inconfutabile, che proprio la globalizzazzione permette agli Stati poveri di crescere. Nel momento in cui la conoscenza tecnologica si sposta, gli Stati poveri la possono ottenere e sviluppare, in modo tale che le differenze rispetto ai ricchi si assotiglino. Anche questa è una delle tante facce della globalizzazione.

40 commenti:

Tommaso Ramella ha detto...

Andrea, penso che sia sempre importante chiedersi se una scelta sia giusta o sbagliata, anche qualora questa scelta sia già stata fatta: il fatto che l'uomo faccia una scelta non vuol dire che questa sia quella giusta. Allo stesso modo, l'idea positivista che qualsiasi evoluzione in ambito umano sia da considerarsi come un bene è superata da più di un secolo.
La globalizzazione è frutto di un sistema capitalistico che sta crollando a pezzi proprio perchè ha cercato di svincolare del tutto l'economia dall'etica: adesso proprio quei paesi del terzo mondo che grazie ad esso possono arricchirsi, minacciano di distruggere il nostro ecosistema, e per di più possono farlo a pieno diritto, rivendicando il diritto di svilupparsi commettendo i nostri stessi errori.
Tutto ciò che riguarda l'uomo, a mio parere, deve essere sottoposto a un giudizio morale: qualora ciò non accada, si assiste inevitabilmente ad una disumanizzazione dell'uomo.

Tommaso Ramella ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Andrea T. ha detto...

Per quanto riguarda il discorso sull'etica, questo concetto mi lascia sempre perplesso.
Chi decide cos'è o meno etico? L'etica di uno Stato può essere molto diversa da quella di un altro quando si parla di economia.

Lo Stato che minaccia di distruggere maggiormente il nostro ecosistema è l'America^^. Da quanto so, ormai la Cina, altro grande inquinatore, non rientra nei paesi del terzo mondo. Che siano i paesi del G8 a dare il buon esempio nel diminuire le emissioni.

Se dunque tu sostieni che il sistema capitalistico stia "crollando a pezzi", hai forse idea di un sistema alternativo che funzioni meglio?

Io ritengo che il capitalismo, come ha dimostrato la Storia, funziona: ha dei difetti, che si manifestano nelle crisi, inflazione, stagnazione, stagflazione, ecc; ciò non toglie però che il sistema continui a lavorare. Basta non abusarne. Come hai detto tu, anche una matita può diventare un'arma.
Cosa servirebbe al sistema? Leggi severe per punire gli abusi.

Che poi l'economia sia svincolata del tutto dall'etica, mi pare quanto meno esagerato: quando uno Stato cerca di abbassare il debito pubblico, riassestare il bilancio, e così via, non lo fa forse per una ragione etica, per il proprio popolo, per la gente straniera che dipende dalle scelte economiche di quello Stato?

Io ho parlato della globalizzazione ed economia, non generalizziamo. Ho detto che in questo caso, non mi sembra utile porre in termini di giusto o sbagliata la questione. E non ho detto che si è evoluta in bene.
E come discutere riguardo il cattolicesimo o all'immigrazione, a mio vedere: son giusti o sbagliati? Ci si può schierare o a favore o contro, ma è totalmente inutile e miope. Intelligente è secondo me dire: siamo di fronte a realtà che sono il culmine contemporaneo di un'evoluzione storica plurimillenaria, si analizzano e si discute riguardo ad essi, guardando le componenti positive e quelle negative, ma non dando inutili giudizi morali che sono smentiti dalla "prova del tempo", ma dando giudizi di natura personale sul "funzionamento" o meno di un dato aspetto.
La globalizzazione è la situazione attuale dell'evoluzione economica. Discutiamo di cose concrete dunque: qual è la migliore scelta tra l'alternativa secca riportata nell'articolo- non fare scambi con l'esterno oppure lasciare che il sistema globale faccia il suo corso? I sistemi produttivi flessibili sono così deteriori per lo Stato? E se non fossero flessibili cosa potrebe accadere?

Io pensavo che questi fossero alcuni degli aspetti su cui discutere e su cui dare giudizi e opinioni.

Tommaso Ramella ha detto...

Allora, risponderò per punti perchè è lunga :P

1)Non dico che parlare di etica sia facile, dico che è necessario, altrimenti si cade nel relativismo, e non è una bella cosa: chi decide se uccidere è giusto o sbagliato? Chi decide se rubare è giusto o sbagliato? (etc etc)

2)Temo che l'America, in una prospettiva di 10 o 20 anni massimo, non potrà nemmeno essere comparata a India e Cina messe insieme...
Sul fatto poi che le nazioni del G8 debbano dare il buon esempio (cosa che non sembrano intenzionate a fare), sono perfettamente d'accordo...peccato che abbiano dato il cattivo esempio per più o meno 200 anni di evoluzione industriale, rendendole maestre poco credibili...

3)Se avessi una soluzione pronta per sostituire il capitalismo penso che potreste tranquillamente cominciare a chiamarmi messiah ^^
Apparte gli scherzi, il problema del capitalismo è molto simile a quello del nucleare: è potente e tende ad autoalimentarsi, e proprio per queste ragioni tende a liberarsi dal controllo dell'uomo. Il fatto che il capitale tenda a concentrarsi laddove è più facile il suo incremento, ad esempio, è un'ottima cosa per il capitalismo, che tende così a sopravvivere. E' una cosa meno buona per chi vive nei posti dove il capitale ha difficoltà ad incrementare.
Questo è solo uno dei tanto esempi che si possono portare circa la tendenza del capitalismo a diventare fine e non strumento dell'uomo.
Detto questo, una direzione verso cui guardare, a mio parere, è quella delle banche etiche, strutture che indirizzano il sistema capitalistico in senso, appunto, etico. Queste banche, lungi dal risultare improduttive, hanno un fatturato in crescita continua, e contemporaneamente permettono lo sviluppo di comunità nelle quali il capitale non è presente.

4)L'alternativa secca proposta nell'articolo è fasulla, non si tratta di scegliere tra capitalismo e autarchia, si tratta di tentare una mediazione fra i due estremi. Così come l'autarchia si dimostra assolutamente inefficace (basta che una nazione sia povera di materie prime per condannarla alla miseria), così il capitalismo non tiene conto di troppi fattori che eccedono il capitale (il clima, le risorse non rinnovabili, i bisogni primari dell'uomo...)

Andrea T. ha detto...

1) io parlavo di etica in economia, non di etica in assoluto xD se no andiamo totalmente off-topic e siam fregati lol

2) mi riferivo agli anni presenti, in 10-20 chissà che può accadere, hai ragione

3) sul capitalismo resto su quel che ho detto ^^

4) l'alternativa secca, non è una proposta, visto che quello che ho riportato non è un articolo: è un'analisi della realtà, presentato in un libro di testo, non da giornalisti, ma da professori.
E lì si parla di alternativa come chiusura del commercio o apertura al commercio internazionale e quindi ai meccanismi globali, non è nominato ne il capitalismo ne l'autarchia.

Non capisco perchè ti sei fissato con il capitalismo, qui stiamo parlando di globalizzazzione. Sono cose distinte.

Ago ha detto...

Nel tempo sono diventato piuttosto scettico rispetto ai blog come strumenti di discussione - dirò meglio, di contraddittorio (lungi da me pensarlo anche per quanto riguarda l'informazione, ma son funzioni ben distinte, si badi alla parola "contraddittorio" più che "discussione"). Sta di fatto che però son qua che vi leggo...per lo scetticismo di cui sopra, non mi esprimo.
Giustifico di più la mia astensione e le dò sostanza in una maniera che sento comunque valida: finché c'è Ramo a esprimersi, mi sento rappresentato (almeno in relazione a quest'articolo, almeno fin'ora ;) )

Tommaso Ramella ha detto...

Ahah Ago mi dispiace averti trascinato nel bel mezzo del campo di battaglia, ma in realtà abbiamo i fiorellini nei fucili stile figli dei fiori ^^ Apparte gli scherzi, visto che mi piacerebbe sapere la tua opinione, e visto che ti vedo restio a buttarti nella mischia del blog, sarei veramente contento se venissi a qualche riunione di pot-pourri, giusto per vedere di che si tratta e se lì la "discussione" è possibile ;) (ah le riunioni hanno sempre un vago sottofondo alcolico, ma si sa, in vino veritas ^^)
Andrea, la mia fissazione sul capitalismo deriva dal fatto che esso rappresenta il presupposto economico fondamentale per la globalizzazione (è grazie ad esso che abbiamo la mobilità delle risorse, la cosiddetta "economia immateriale").
Sulla globalizzazione in generale è molto difficile discutere, perché investe tali e tanti aspetti della nostra società che un'analisi completa a tutto campo va ben al di là delle mie possibilità. Cercando di concentrarmi su un campo (già di per sé vastissimo) come quello economico, mi sto soffermando su alcuni aspetti che secondo me devono essere presi in considerazione: la globalizzazione non è un fenomeno fisso, immutabile, può svilupparsi in modo diverso a seconda delle nostre azioni. E le nostre azioni andrebbero indirizzate verso il bene. Sono il primo a sospettare di parole assolute ed universali come "Bene", "Male" e così via...ma se non possiamo cercare di agire per il bene, che cosa ci resta da fare?

PS: per tutti i lettori, non fossilizzatevi sulla linea di dibattito impostata da me e Andrea, ci sono tanti altri aspetti da considerare, dateci dentro! ;)

Lorenzo Natural ha detto...

Sarò un idealista, un nostalgico, un tradizionalista, un decadente in questo senso: ma avete tralasciato un effetto devastante del problema: la globalizzazione del pensiero, del "way of thinking" come direbbero gli americani. Quella che per me rappresenta la morte delle tradizioni, delle culture, delle diversità, della storia di ogni singolo popolo. La globalizzazione non ha solo esportato un modello (il capitalismo e il consumismo) inadattabile in certi contesti (Terzo e Quarto Mondo in generale), ma vuole imporre un pensiero comune a popoli che vivono -o hanno vissuto- in contesti anni luce distanti dai nostri. Tentare di imporre a un Masai, a un monaco del Bhutan, a un aborigeno australiano, a un abitante della Nuova Guinea il modello occidentale è un delitto alla sacralità dell'identità e della vita di quei popoli. Questo a causa del moralista "siamo tutti uguali": balle. Gli uomini sono tutti uomini, vero; ma i popoli sono diversi fra loro. Ci siamo mai chiesti se alle popolazioni da me citate interessa avere i frutti della globalizzazione in casa loro?? Io sono convinto che andare a intaccare gerarchie e stili di vita così lontani dai nostri sia una follia; i risultati li abbiamo ora con l'Africa. Capitalismo e globalizzazione hanno generato fame e miseria: il colonialismo economico ha provocato più danni che quello militare del XIX secolo.
La smania di sentirci padroni del mondo, di far parte del sistema migliore, di voler aiutare gli altri popoli a progredire, mi riporta alla mente il kiplingiano "fardello dell'uomo bianco". Ma loro, questi popoli, cosa ne pensano?? Nessuno si pone questo problema.
Il capitalismo ha già rovinato l'Europa, ha già piegato le sue tradizioni (che vivono nel cuore di pochi ormai); non facciamo sì che ne rovini altre.
Pensiamo che il capitalismo sia il sistema giusto: ma fallirà presto. La mia non è una previsione, ma un augurio. Forse solo allora riscopriremo il senso della vita.
Intanto prepariamoci a godere dei panini del McDonald's al Caffè Tergesteo.
Maledetto Zio Tom (non Ramella^^)

Stefano Tieri ha detto...

riporto solamente un interessante articolo, sulla base del quale riflettere, che tocca anche il fenomeno dell'immigrazione:

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=30000

Tommaso Ramella ha detto...

Senza fare improbabili confronti di merito tra colonialismo tradizionale e colonialismo economico, e tralasciando il linguaggio non sempre appropriato dell'articolo postato da Stefano, mi concentrerei su un paio di questioni di particolare rilevanza.

Cito l'articolo:

"Perché il cibo non va dove ce n'è bisogno, va dove c'è il denaro per comprarlo"

Questo è uno dei problemi fondamentali del capitalismo (non della globalizzazione, che di per sé non impone tale situazione), ma ne ho già parlato nei commenti precedenti.

L'importazione del modello americano è grave non tanto perché il modello americano sia negativo in assoluto, bensì perché esso viene imposto in modo acritico in contesti che non lo possono sostenere. Sono assolutamente d'accordo con quanto dice Lorenzo: nulla vieta al mondo occidentale di ritenere il proprio stile di vita il migliore possibile, ma non per questo siamo autorizzati ad esportarlo nel globo. Questo non significa isolarsi e chiudersi ad ogni idea, significa iniziare un dialogo con le altre culture: la globalizzazione ha reso possibile entrare in contatto con un numero incredibile di culture, ora bisogna confrontarsi con esse, non sostituirle con la nostra.

Lorenzo Natural ha detto...

Bravo Tommaso, hai riassunto il mio pensiero (sebbene arriviamo da due "orientamenti" diversi).
La cosa triste è che pure noi -"noi" inteso come Europei più che Italiani, visto che sul sentimento di italianità sono molto dubbioso- abbiamo (non posso credere siano del tutto tramontate) delle tradizioni millenarie e un'identità che abbiamo via via perso dall'espansione del modello USA in poi. Con questo non voglio dire che dobbiamo vivere 24 su 24 con la testa rivolta al passato, ma vedere soppiantate culture e tradizioni europee per far posto al consumismo sfrenato mi fa rabbrividire.

Leggendo in un forum di politica e attualità ho trovato un messaggio molto forte lasciato da un utente, riguardo il nostro tema: "[..] la globalizzazione è una omologazione forzata voluta da chi è senza una sua identità (U.S.) e da chi una sua identità ce l'ha ma non vuole che l'abbiano gli altri perchè teme "rigurgiti" [...]"

Stefano Tieri ha detto...

«"Perché il cibo non va dove ce n'è bisogno, va dove c'è il denaro per comprarlo"

Questo è uno dei problemi fondamentali del capitalismo (non della globalizzazione, che di per sé non impone tale situazione), ma ne ho già parlato nei commenti precedenti.»

Ma è grazie alla globalizzazione che il modello capitalistico ha assunto dimensioni "mondiali", portando (anche) alle estreme conseguenze descritte nell'articolo.

Andrea T. ha detto...

Mah il colonialismo tradizionale molto meno devastante di quello odierno, mi lascia assai perplesso.
Se i grandi paesi mondiali odierni sono quel che sono è grazie a secoli di colonialismo e sfruttamento.
Facciamo parte di un mercato globale, è ovvio che le multinazionali impongano i loro prodotti in tutti i paesi. Se poi a noi o ad altri ciò da fastidio, è semplice: non compriamo quei prodotti.

Io esortavo a tenere separato capitalismo e globalizzazzione, perchè si fa una grande confusione.
"La globalizzazione non ha solo esportato un modello (il capitalismo e il consumismo) inadattabile in certi contesti (Terzo e Quarto Mondo in generale)"
Non è vero.
La globalizzazione è la creazione di un mercato mondiale in cui i fattori produttivi si spostano con estrema facilità da un Paese all'altro.
I liberisti sostengono che la globalizzazione sarà la soluzione alla povertà nel Terzo Mondo, figuriamoci. I no global sostengono che esso venga impoverito ancora di più.
La globalizzazione non esporta nessuna teoria economica, stiamo parlando di fattori produttivi.
Questo dal punto di vista economico.
Che poi esista anche un fenomeno, nuovo, di globalizzazzione culturale, sociale o politico, si può discutere, ma si deve tenere separate le varie materie. E ricordare che il termine globalizzazione è stato coniato in campo economico, se viene esteso ad altre esperienze, bisogna stare attenti. Come sempre, le parole sono importanti.
Dunque le parole riportate da quell'utente sono senza un minimo di attenzione, doveva come minimo mettere globalizzazione culturale, messa così, è impreciso e vago.

Non capisco sinceramente perchè sostieni, Lorenzo, che essere consumista comporta perdere le culture o tradizioni europee o quella italiana.
Cioè io posso acquistare tante merci anche inutili, imposte perfino da una moda o da un modello di consumo delle multinazionali, e non per questo conoscere comunque la Storia del mio paese e mantenere la mia identità culturale.

Ma cos'è sto modello americano, io non l'ho capito. Il fatto che acquistiamo anche merci americane? Illuminatemi.

Andrea T. ha detto...

-Ma è grazie alla globalizzazione che il modello capitalistico ha assunto dimensioni "mondiali", portando (anche) alle estreme conseguenze descritte nell'articolo.-

Questo lo sostieni tu, perchè credi(?) in una definizione distorta di globalizzazione.
Il capitalismo si è imposto come modello, visto il fallimento di tutti gli altri, come il socialismo-comunismo, quindi non capisco tutto sto fervore.
Se non credi alla definizione di globalizzazione riportata da 2 professori universitari, ti posso copiare quella della Treccani, che dice lo stesso^^.

Tommaso Ramella ha detto...

Andrea, il problema è che un fenomeno economico di portata mondiale non può non avere effetti (e cause) di tipo culturale: la globalizzazione non è un fenomeno neutro sotto questo punto di vista. Per quanto riguarda il fallimento degli altri sisteni, va ricordato che non esiste solo la storia dell'Europa, dell'America, della Russia e della Cina, paesi nei quali storicamente, in seguito a fenomeni di natura culturale (a dimostrazione del legame fra cultura ed economia) quali il calvinismo, si è affermato il modello capitalista. Con che diritto affermiamo che il modello africano, quello sud-americano e chi più ne ha più ne metta, basati per millenni su pastorizia, agricoltura di sussistenza, transumanza etc etc sia fallito? Forse con la legge del più forte?

Andrea T. ha detto...

Il "modello africano" è fallito? So solo che in due millenni, l'Europa e pure il Medio Oriente, la Cina sono progrediti tecnologicamente, culturalmente. In Africa sono rimasti con la situazione che hai descritto. Quando hanno subito le invasioni europee son stati sconfitti.

Come dici tu esiste anche la storia dell'Africa. La possiamo studiare, ma bisogna prendere atto che essa è stata intaccata, probabilmente irreversibilmente, dagli europei del tempo del colonialismo.

Io non ho detto che non ci debbano essere effetti o cause culturali legate alla globalizzazione.
Ma quali sono queste cause? E se ci sono, bisogna analizzarle.

Andrea T. ha detto...

Voglio chiedere una cosa, possiamo evitare certe esternazioni? E se non si possono evitare

"Il capitalismo ha già rovinato l'Europa"
"dal calvinismo si è affermato il modello capitalista"

posso sperare almeno che siano supportate da serie argomentazioni storiche, economiche o sociali?

"All'origine del capitalismo?. È diventato comune accusare il calvinismo di avere dato origine al moderno sfruttamento capitalista a causa della sua dottrina sulla vocazione, sulla sua insistenza sulla necessità di lavorare in modo duro e diligente, come pure la moderazione in ogni cosa ed il risparmio. Max Weber, sociologo tedesco, seguito da Richard Henry Tawney, Ernst Troeltsch e molti altri, hanno proposto questa particolare interpretazione. C'è senza dubbio una certa misura di verità in questo (lavorare diligentemente, vivere in modo moderato e risparmiare, il tutto per la gloria di Dio, è indubbiamente una prospettiva biblica sul lavoro). L'insistenza però sul fatto che il calvinismo ponga troppo l'accento sulla proprietà privata, la pratica dell'interesse bancario e l'approccio razionale all'attività economica che conduce allo sfruttamento del lavoratore, mettendo così le basi per un capitalismo senz'anima, manca del tutto di evidenze storiche ed è ancora da comprovare. Alcuni hanno giustamente osservato come, di fatto, sono stati gli avversari del calvinismo a favorire e sviluppare il capitalismo."

(il calvinismo non è un fenomeno di natura religiosa in prima istanza?)

Il fatto è questo: una questione è dare delle opinioni, altro è fare delle accuse pesanti.
Se ritenete che l'ho fatto anch'io, avvisatemi.

Non sono contrario a questo tipo di accuse, ma bisogna farle con criterio, altrimenti a mio parere non si conclude nulla.

Andrea T. ha detto...

"Questo a causa del moralista "siamo tutti uguali": balle. Gli uomini sono tutti uomini, vero; ma i popoli sono diversi fra loro."

Questa riflessione la trovo molto interessante, porta a chiedersi cosa sia l'uguaglianza. Non so se è questo il luogo per esprimere il mio pensiero.... una domanda, Lorenzo, questa riflessione era solo legata alla globalizzazione economica, oppure anche quando parliamo degli altri aspetti del modello occidentale?

Tommaso Ramella ha detto...

Vedi Andrea, le argomentazioni che hai portato per dimostrare il fallimento dell'Africa è esattamente quello della legge del più forte: abbiamo vinto noi nello scontro. Il problema è che non si tratta di vedere chi è più forte, si tratta di vivere felicemente. Il progresso culturale e tecnologico che vedi in asia e in europa non è di per sé una garanzia di felicità, questa è un'idea tutta occidentale. Inoltre, affermare che in Africa uno sviluppo culturale e/o tecnologico non ci sia stato senza conoscerne la cultura ma basandosi unicamente su parametri occidentali mi sembra un gravissimo errore.
Quanto al fatto che il calvinismo sia alla base del capitalismo, è un dato sostenuto come tu stesso scrivi da studiosi del calibro di max weber, la cui autorità in materia è decisamente alta. Nota che nel dire che il calvinismo è alla base del capitalismo non ho inserito alcun giudizio di merito, nè sull'uno nè sull'altro.
Quantoal fatto che il calvinismo sia un movimento religioso, è vero, solo che per me la religione fa parte della cultura di una persona :)

Andrea T. ha detto...

Io non ho parlato di felicità. Perchè bisogna ora tirare fuori qual è lo scopo della vita o come il mondo dovrebbe essere, in una discussione già irta di argomenti?
[Io ti risponderei che si tratta di vivere giustamente, ovvero che ci siano dei diritti universali che vengano rispettati da tutti.
Se invece l'avverbio felicemente lo intendi come sinonimo di in pace, è altro discorso.]
La legge del più forte, che esiste da quando esiste l'uomo.

"Africa uno sviluppo culturale e/o tecnologico non ci sia stato" se ci fosse stato, ora lo sapremmo e ne saremmo influenzati. Quali sarebbero questi parametri occidentali? E faresti rientrare la Cina o il Medio Oriente nei parametri occidentali?

Il punto è che ho cercato io informazioni per fare chiarezza, dimostrando che è una forzatura mettere il calvinismo in collegamento col capitalismo.
Non è che mi importi difendere il calvinismo, intendiamoci.
Anche Aristotele aveva "autorità in materia" per secoli e secoli.
Il giudizio di merito sul capitalismo l'hai inserito fin dall'inizio della discussione a mio parere^^.

Tommaso Ramella ha detto...

Vivere "giustamente" ha lo stessi presupposti del vivere "secondo il bene" o "felicemente": la presenza di un parametro assoluto secondo cui stabilire cosa è giusto e cosa sbagliato. Se per vivere "giustamente" intendi "secondo la legge", penso che tu sappia bene, da giurista, che il motivo per cui ci sono delle leggi è che l'uomo pensa di sapere cosa è giusto e cosa è sbagliato: altrimenti perchè punire il razzismo, il furto, il concorso in associazione mafiosa?
Il fatto che la legge del più forte esista da quando esiste l'uomo non vuol dire che ciò sia un bene o che dovremmo avvalercene.
L'uomo uccide da sempre, eppure abbiamo fatto delle leggi per impedirlo. E' molto pericoloso affermare che è giusto ciò che prevale con la forza, ancor più pericoloso affermare che non si possa determinare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Il problema dello scopo della vita è inevitabile porselo, visto che le azioni che compiamo a livello globale, le scelte economiche e politiche, influenzano la vita di miliardi di persone.

Il fatto che l'Africa non abbia esportato il proprio modello in Europa in quanto "più debole" non significa affatto che abbia vissuto peggio di noi, o che abbia una cultura più debole. Inoltre, il fatto che nell'entrare in contatto con un intero continente gli occidentali non abbiano recepito alcunché delle sue tradizioni e della sua cultura, la dice lunga sul nostro metodo di "dialogo" con i Paesi in cui esportiamo la nostra cultura.

Quanto al rapporto tra calvinismo e capitalismo, non ho trovato sufficienti le argomentazioni, anzi, l'argomentazione, e cioè che delle persone abbiano notato come siano stati gli avversari del calvinismo a far nascere il capitalismo...è un'affermazione quantomai dubbia: chi sarebbero questi avversari del calvinismo? E soprattutto, erano avversari delle idee calviniste che avrebbero portato allo sviluppo del capitalismo, o piuttosto avversari politici degli stati in cui si è affermato il calvinismo??
Affermando l'autorità di Weber non affermo con assoluta certezza che avesse ragione, affermo che ha maggiore autorità in materia di studiosi di cui non viene riportato il nome.
Il fatto che io pensi che il capitalismo risulti al momento inefficace, quantomeno nella sua forma attuale, non vuol dire che io lo accusi di essere un sistema perverso (idem dicasi per il calvinismo)...è l'uomo che usa i sistemi :)

Stefano Tieri ha detto...

«Questo lo sostieni tu, perchè credi(?) in una definizione distorta di globalizzazione.»

Che globalizzazione e capitalismo siano fenomeni strettamente collegati non lo puoi negare, mi spiace.

«Il capitalismo si è imposto come modello, visto il fallimento di tutti gli altri, come il socialismo-comunismo, quindi non capisco tutto sto fervore.»

solo perché si è imposto lo dobbiamo ritenere giusto? Questa visione crociana della storia non è (fortunatamente) l'unica...

Lorenzo Natural ha detto...

rispondo su i 3 punti in cui mi hai chiamato in causa:

1-il modello americano è quel modello che si è imposto in Europa e nel mondo dalla fine del '45 in poi, per raggiungere l'apice nel ventennio che va dalla caduta del Muro di Berlino a oggi. Cosa significa? Consumismo sfrenato, globalizzazione di usi e costumi, volontà di imporre il proprio way of life nel mondo, libertà di costume anche sfrenata (il mito di Las Vegas, MTV), consumo rapido di ogni merce (fast food, take-away, grandi magazzini), percezione di essere superiori agli altri. Insomma, quel senso di arroganza e ignoranza che da sempre ha portato gli USA a sentirsi legittimati di fare del mondo un loro impero economico. Il brutto è che ci sono riusciti, opponendosi a ogni sistema e ideologia che potesse contrastare quel modello.

2-Per come la vedo io siamo tutti figli del consumismo, è una cosa che oramai ci è insita nel nostro essere parte del mondo occidentale; tuttavia ci sono modi e modi di rapportarsi ade esso. Un conto è vestirsi "bene", avere una bella auto; un conto è porre come priorità l'avere quegli abiti, il possedere quel SUV. Anche a me piace uscire la sera, andare a ballare, ogni tanto comprarmi quel maglioncino che mi piace: il problema è quando questo diventa assuefazione, status symbol necessario; sai bene che la gran parte dei nostri coetanei (e ancor di più quelli di qualche anno più piccoli) vivono molto in virtù di queste cose. E questo, a mio modo, è simbolo di dimenticanza e allontanamento dalla nostra identità.

3-Capitolo "uguaglianza": è un discorso molto complesso. Io penso che sia impossibile affermare che gli uomini siano tutti uguali: con questo non voglio dire che mi sento superiore a un'altra determinata etnia (o razza;chiamatela come la volete). dico solo che sicuramente il mondo occidentale è avanti per quanto concerne sistema medico, conoscenze tecnologiche, libertà personali (anche se anche qui ci sarebbe da discutere). Ma siamo indietro per quanto concerne altri aspetti fondamentali dell'esistenza umana: rapporto con la Natura, conoscenza di essa, spirito di convivenza in una comunità, spiritualità.

Andrea T. ha detto...

" solo perché si è imposto lo dobbiamo ritenere giusto?"

Nessuno dice che è giusto, infatti già nel primo mio intervento
"Io ritengo che il capitalismo, come ha dimostrato la Storia, funziona: ha dei difetti, che si manifestano nelle crisi, inflazione, stagnazione, stagflazione, ecc; ciò non toglie però che il sistema continui a lavorare."

E' un dato di fatto, come l'immigrazione-emigrazione o altri fenomeni... non si tratta a mio parere di dover criticare con ogni mezzo un dato sistema, ma vedere quali sono i difetti e i non difetti (se non le vogliamo chiamare virtù).

c'è gran differenza, Stefano, tra dire

-Ma è grazie alla globalizzazione che il modello capitalistico ha assunto dimensioni "mondiali", portando (anche) alle estreme conseguenze descritte nell'articolo.-

e dire

-Che globalizzazione e capitalismo siano fenomeni strettamente collegati non lo puoi negare-

sul primo come detto, non sono d'accordo; sul secondo invece si.

x Lorenzo
1- sono legittimati a fare del mondo un loro impero economico: sono convinto, come si discuteva con Tommaso, sulla legge del più forte. Sta agli altri opporsi (non con il terrorismo, ovviamente) e dimostrare che non sono superiori.

2- per quanto riguarda il consumismo bisogna secondo me differenziare
a. consumismo come termine usato per descrivere gli effetti dell'identificazione della felicità personale con l'acquisto, il possesso e il consumo continuo di beni materiali (anche inutili), generalmente favorito dall'eccessiva pubblicità. e
b. consumismo inteso come economia di consumo, che fa funzionare il sistema capitalista.

Il primo può essere dannoso, il secondo è necessario. Forse c'è da riflettere che è il consumo che fa funzionare l'economia, ora come al tempo dei romani. Se non c'è il consumo, c'è la disoccupazione ed essa comporta in dati casi la povertà.

Il consumismo che intendi tu, Lorenzo, se non ho capito male, è un consumo esagerato e non necessario, dettato dalla pubblicità o dalla moda.
Il rischio di allontanamento dalla nostra identità, mi sembra comunque esagerato, però potrebbe esserci per molti. (il fatto è che se così tanta gente vota Berlusconi, tutto è possibile in questo mondo xD)

A parte quanto detto, sono un consumista all'ennesima potenza, solo che decido secondo il mio arbitrio cosa comprare.

Per il punto 3 faccio un ragionamento separato

Andrea T. ha detto...

La mia convinzione è questa: esisterà sempre il razzismo, la discriminazione, fin quando si dirà "non siamo tutti uguali" oppure "siamo tutti uguali ma".
Gli esseri umani sono tutti uguali: nascono, devono dormire, mangiare, espletare le funzioni fisiologiche, morire.
Tutto il resto è secondario: colore della pelle diverso, lingue diverse, credere in un dio o negli dei, amare un uomo o una donna, avere storie o culture differenti.
Sono cose importanti ma che non eliminano la verità sull'uguaglianza: tutte queste esperienze plasmano in modo differente la coscienza, la fede, ecc, come una qualsiasi esperienza che si fa ci da' qualcosa che ad altri non viene data, ma rimane il fatto che siamo sempre uomini, tutti uguali.

Tommaso Ramella ha detto...

Ok Andrea, non mi piace troppo ribattere sempre alla stessa persona, sembra un po' una rissa, però devo dire che gli spunti che mi dai sono sempre tanti e interessanti, perciò, col tuo permesso, continuerò la discussione ^^
Innanzitutto, tu scrivi che sei convinto che i fatti si debbano regolare in base alla legge del più forte. Subito dopo scrivi che gli "altri" devono opporsi, MA, non con il terrorismo. E in base a cosa non dovrebbero opporsi col terrorismo? Forse in base alla legge del più forte? No di certo: la legge del più forte non si preoccupa di determinare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, afferma solo che chi prevale è il più forte. Mi sembra chiaro che, come il tuo rifiuto del terrorismo lascia trasparire, non è la legge del più forte che dovrebbe regolare le nostre vite.

Un altro piccolo appunto lo faccio alla tua considerazione circa il libero arbitrio in fatto di consumo. Sai quante sono le aziende che producono batterie stilo, in tutto il mondo? Due. Sai che se vuoi comprare qualcosa con del latte che non sia nestlè devi fare il giro di ogni bottega, e anche facendolo ti troveresti probabilmente in mano un marchio acquistato proprio dalla nestlè? Non proseguirò con gli esempi, ma è davanti gli occhi di tutti che senza concorrenza, con enormi monopoli, non esiste la libertà d'acquisto. Si potrebbe rispondere che uno non è costretto a comprare batterie stilo o latte. Certo che quando si passa a parlare di privatizzazione dell'acqua, di per sé un fatto assolutamente normale nel sistema capitalistico, cominciano a venire i brividi...non si può scegliere di non comprare l'acqua.
Tutto questo senza considerare i piccoli "aiuti" al nostro arbitrio provenienti da spot, vetrine, manifesti, riviste etc etc...
Non credo che esista una sola persona che possa affermare di essere libera di acquistare ciò che vuole.

Tommaso Ramella ha detto...

Lorenzo, hai fatto riferimento a degli aspetti molto importanti che tendono a passare in secondo piano nel nostro tanto progredito mondo occidentale: natura, comunità,spiritualità. Mi fa molto piacere che siano emersi nella discussione, se non altro perchè, quando si parla di pro e conto della globalizzazione, del capitalismo, della cultura esportata da noi occidentali, bisognerebbe tener conto di tutti questi ambiti, che sono profondamente radicati nell'uomo.

Andrea T. ha detto...

Mah credo che il terrorismo non sia la legge del più forte, anzi del più debole... che attacca i deboli per cercare di indebolire il forte.
La legge del più forte non regola le nostre vite. Regola la Storia.
Che la Storia influenzi molto o poco, più o meno le nostre vite, dipende.


"Mi sembra chiaro che, come il tuo rifiuto del terrorismo lascia trasparire, non è la legge del più forte che dovrebbe regolare le nostre vite."
Si può essere forti anche senza essere per forza violenti, no?

Per quanto riguarda la nestlè, non ho capito bene il discorso.
Riguardo le batterie stilo, non le uso più da tempo xD solo ogni tanto in caso di necessità, e son ricaricabili^^

Mah se si è consci che ci sono "piccoli aiuti", possiamo scegliere con il nostro arbitrio secondo me. Il fatto di sapere che in qualche modo si può essere condizionati, ti fa stare all'erta e non si cade nella "trappola".

natura, spiritualità... forse erano radicati nell'uomo del passato o anche ora nella gente di fede o del mondo dei percorsi-religioni spirituali, tipo new age e simili.

Riguardo alla comunità mi sembra esagerato sostenere che sia in secondo piano. C'è una lista infinita di azioni, anche nel mondo occidentale, che dimostrano lo spirito di convivenza nella comunità. Il volontariato, la solidarietà che si compone da chi dona il vile(^^) danaro a chi dona il proprio sangue od altro per aiutare gli altri; e così via.
Che poi non tutti sentano la "comunità", oppure che lo facciano per ipocrisia o per tornaconto personale, è altro discorso.


Tommaso, a chi vuoi ribattere, se sono l'unico che non è sulla tua stessa, o simile, lunghezza d'onda^^?

Lorenzo Natural ha detto...

La legge del più forte... Allora i cinesi sono legittimati a invadere il Tibet? Tanto sono i tibetani a dover dimostrare di essere più forti!?!

Andrea T. ha detto...

Perdi di vista il fatto che non sto qua a fare il moralista ipocrita. Non sostengo che la legge del più forte sia né giusta né sbagliata. A mio parere è sempre andata così. Punto.

Se comunque bisogna essere inutilmente puntigliosi, la "legge del più forte" non è ovviamente na legge, che altrimenti, come dici, potrebbe "legittimare" qualcuno. E' solo l'analisi storica di come l'uomo si è sempre comportato e, probabilmente, sempre si comporterà.

Tommaso Ramella ha detto...

"La legge del più forte non regola le nostre vite. Regola la Storia.
Che la Storia influenzi molto o poco, più o meno le nostre vite, dipende."

E cos'è la storia (umana, sottinteso, altrimenti non vedo l'utilità di chiamarla in causa), se non l'insieme di tutto ciò che viene vissuto dall'uomo? Non esiste un fenomeno storico che non abbia influenzato l'uomo, sarebbe come dire che l'uomo non è stato inflenzato dalla propria vita.

"Si può essere forti anche senza essere per forza violenti, no?"

Sono assolutamente d'accordo con te. Ma ti sembra che l'esportazione del modello capitalistico non sia stata violenta? Il modello economico delle ex colonie è stato forse adottato liberamente? La violenza non è solo sparare a qualcuno (cosa dalla quale, comunque, non ci siamo astenuti), è anche ridurne la libertà di scelta, imporre modelli di vita, ideologie e valori: la storia dell'espansione del capitalismo e piena di queste violenze.

Tommaso Ramella ha detto...

"Mah se si è consci che ci sono "piccoli aiuti", possiamo scegliere con il nostro arbitrio secondo me. Il fatto di sapere che in qualche modo si può essere condizionati, ti fa stare all'erta e non si cade nella "trappola"."

La misura di quanto "piccoli" siano questi aiuti te la danno i soldi in essi investiti. Si parla di cifre enormi, investite in vista di un guadagno derivante proprio dalla limitazione della capacità di scelta dello spettatore: se l'unico marchio di pasta che vedo su tutte le pubblicità è Barilla, è molto difficile, statisticamente, che io compri un altro marchio quando vado al supermercato. Il fatto poi che uno studente universitario abbia maggiori capacità critiche della maggioranza della popolazione non cambia lo stato delle cose, né per questo è immune dall'influsso delle pubblicità.

"natura, spiritualità... forse erano radicati nell'uomo del passato o anche ora nella gente di fede o del mondo dei percorsi-religioni spirituali, tipo new age e simili."

E' proprio questo che mi preoccupa: il fatto che non siano più radicati nell'uomo occidentale. Salvo poi accorgersi che un terremoto ha appena causato poco meno di 100.000 morti ad Haiti (giusto per avere un termine di confronto: 6000 sono stati i morti nell'attentato alle torri gemelle), che gli uragani del pacifico che colpiscono regolarmente le coste del pacifico causano anno dopo anno migliaia e migliaia di morti, che se il livello dei mari si alzasse di un metro la nostra civiltà verrebbe sradicata.
La spiritualità non è solo pregare, andare in chiesa, fare dei riti d'iniziazione, questi sono solo alcune manifestazioni della spiritualità dell'uomo. L'amore è un fatto spirituale, chiedersi il perchè della propria esistenza è spirituale, chiedersi cosa è giusto e cosa sbagliato è spirituale. Senza spirito, l'uomo non è altro che un meccanismo fatto di atomi: in tal caso, non vedo il perchè di una qualsiasi discussione.

Tommaso Ramella ha detto...

"Non sostengo che la legge del più forte sia né giusta né sbagliata. A mio parere è sempre andata così. Punto."

Non si tratta di fare i moralisti ipocriti, ma di tentare di cambiare lo stato delle cose: l'uomo ha sempre ucciso e probabilmente continuerà a farlo, allora perchè fare delle leggi che vietano di uccidere? Tanto l'uomo continuerà a farlo, lo ha sempre fatto.

Andrea T. ha detto...

Quando parlo di Storia, intendo i "fatti" storici e le azioni ad esse collegate.
Infatti ho scritto "Che la Storia influenzi molto o poco, più o meno le nostre vite, dipende."
L'eremita che vive tra le montagne e non ha contatti con altri per anni e anni, viene poco influenzato dalla Storia.
Un soldato o un missionario in zona di guerra, viene molto più influenzato dalla Storia, di uno che abita in Islanda, tanto per fare un esempio meno particolare.

" la storia dell'espansione del capitalismo e piena di queste violenze"
vero, e allora?
il cattolicesimo, la chiesa si è macchiato di migliaia di morti nell'espandere il proprio "consenso"
vero, e allora?

Io compro la Barilla (e comunque ce ne sono in televisione di pubblicità di altre marche di pasta), perchè è la pasta, secondo me e i miei genitori, migliore a tenere la cottura: e in generale, alle persone normali (gli studenti universitari in sti campi posson essere spesso non ferrati) interessano i prezzi delle merci e vedere cos'è conveniente comprare. O almeno tutte le persone che conosco, e sono di varie estrazioni sociali, fanno così.

Per natura tu dunque intendi il "potere distruttivo della natura"? Penso che se tutti avessero radicato il pensiero di avere una spada di Damocle sempre presente, che oscilla sopra la propria testa, difficilmente potrebbero "vivere felicemente", come suggerivi tu.
Dal mio punto di vista, e sembrerà un po' infantile il mio pensiero, la natura è spesso imprevedibile, e comunque sia, bisogna rispettarla.

Mah l'amore è un fatto sentimentale.
Chiedersi il perchè della propria esistenza è inutile e traumatico.
Chiedersi il giusto e sbagliato, è creare la propria moralità.
Cos'è lo spirito?


Dell'ultimo commento, ti sono veramente grato.
Ti manca un passaggio nel ragionamento.

"allora perchè fare delle leggi che vietano di uccidere? Tanto l'uomo continuerà a farlo, lo ha sempre fatto." Le leggi vietano, ma non hanno, o quasi, nessun potere di impedire che l'uomo uccida. Infatti l'uomo continuerà.
C'è però un fatto che dimentichi: lo scopo della legge è la sanzione. La sanzione al converso, opera come inibitore dell'azione contraria alla legge.
Tu decidi di uccidere un uomo? Ricorda che poi andrai incontro a quella data sanzione.

Certe cose non possono essere cambiate, possono essere solo un po' evitate o rimandate o punite.



Tu dici che bisognerebbe trovare il modo per cui l'uomo non uccida più? (rispondimi se ho inteso correttamente il tuo pensiero ti prego, perchè sono assai curioso)

Tommaso Ramella ha detto...

Non riesco a capire cosa centri il fatto che un eremita o un soldato siano influenzati in modo diverso dalla storia (cosa con cui comunque non sono d'accordo). L'affermazione che ti ho contestato è "la legge del più forte non regola le nostre vite, regola la Storia": ora, noi (parlando di cittadini del mondo occidentale), siamo decisamente una categoria troppo grande per non ricevere influssi significativi da fenomeni storici come l'affermazione del più forte.

<<" la storia dell'espansione del capitalismo e piena di queste violenze"
vero, e allora?
il cattolicesimo, la chiesa si è macchiato di migliaia di morti nell'espandere il proprio "consenso"
vero, e allora?>>
E allora ci siamo macchiati le mani di crimini orrendi, allora abbiamo importato con la forza un modello estraneo alle popolazioni che abbiamo sopraffatto: non si può avvallare questi fatti con una scrollata di spalle, solo per continuare sulla propria strada, altrimenti non siamo migliori in nulla rispetto al terrorista che uccide migliaia di persone.

Riguardo l'esempio Barilla:
la Barilla non è affatto la pasta più economica, basta dare un'occhiata in supermercato per accorgersene. E' in compenso la più pubblicizzata: vorrei che mi citassi anche un solo altro marchio di pasta che venga pubblicizzato anche solo 1/3 di quello Barilla (non mi metterò a discutere delle qualità della pasta, mi sembra ridicolo).

Tommaso Ramella ha detto...

Quanto alla natura, ti ricordo che hai detto che è un ambito che è posto in secondo piano dall'uomo moderno. Ti sembra il modo di rispettarla? Ho fatto accenno alle potenze distruttrici della natura solo per mostrare che effetti può avere il disinteresse dell'uomo al riguardo: guardare da un'altra parte non aiuta ad essere più felici.

Ti chiedi cosa significhi "spirito", poi scrivi che l'amore è un fatto sentimentale. Significa forse che sai collocare i sentimenti in un ambito non spirituale? Non penso che la scienza possa sostenerti in questo campo.
Farsi domande sulla propria esistenza è inutile e traumatico? Sarebbe meglio pensare solo a bere, mangiare e dormire? Non ti pare un po' riduttivo per un essere umano?
Quanto alla moralità, non riesco a capire quale sarebbe il tuo suggerimento. Smettere di chiedersi cosa è giusto e cosa è sbagliato? E la giustizia? In base a cosa condanni un criminale a una pena, se il fatto stesso di infrangere le leggi non è né giusto né sbagliato? Il relativismo morale porta l'anarchia totale.

Quanto all'ultimo punto, rileggi il contesto in cui ho scritto la frase: la ho portata come provocazione, come conseguenza del tuo ragionamento meccanicistico sulla legge del più forte: se si può tentare di ridurre il numero di uccisioni, si può anche tentare di evitare che sia la legge del più forte a regolare la vita umana.
Io penso che bisognerebbe trovare il modo perchè l'uomo non commetta il male, e ti dirò di più, visto che mi sento pretenzioso, bisogna che egli non commetta il male di propria spontanea volontà. Già Kant metteva in dubbio gli imperativi morali assoluti: non ha senso chiedersi se uccidere un uomo qualsiasi sia giusto o sbagliato, bisogna chiedersi in ogni circostanza se si sta agendo per il bene o per il male. Non sto dicendo che sia facile, né che tutti pensino al bene e al male nello stesso modo: non è uno scherzo parlare di morlae, ma è comunque indispensabile.

Andrea T. ha detto...

Una guerra in Iraq influenzerà di più sul soldato che la combatte, di un fortunato eremita che, vivendo lontano dalla civiltà, non saprà magari niente che si combatte una data guerra in un altro luogo della Terra.
Il fatto che con Adriano, Roma acquisì la massima espansione, non influenzò per nulla le popolazioni della futura America.

Noi non ci siamo macchiati proprio di niente. Il fatto che siano accadute azioni malvagie od altro nel passato, non mi fa sentire in colpa.
E' come se un giovane tedesco d'oggi si sentisse in colpa per quello che hanno fatto i nazisti.
Quello che, secondo me, tutti devono fare e che viene fatto, nonostante certi ostacoli, è ricordare e non dimenticare.
E tu devi sempre pensare che 1)il capitalismo non è così terribile come lo descrivi e 2)tra crimini orrendi e imporre un modello economico c'è grande differenza, almeno secondo me^^.

"la Barilla non è affatto la pasta più economica" proprio per questo, anche se fa tanta pubblicità, la gente ne compra di molto più economiche.
Una pasta a cui fanno tanta pubblicità? De cecco. La qualità comunque è fondamentale come criterio nell'acquisto di un qualsiasi bene, a mio parere.

Andrea T. ha detto...

Sul fatto del rispetto, dicevo quello che sarebbe giusto secondo me. Solo perchè per certe cose non dò un giudizio giusto-sbagliato, mica non lo ho su nessuna cosa^^.

Quindi secondo te, se tutti gli uomini avessero presente la propria condizione umana, incerta e fragile rispetto alla potenza della natura, riuscirebbero a vivere comunque felicemente? Io lo trovo difficile da immaginare, tutti dovrebbero accettare anche che la morte è inevitabile e ti può reclamare quando vuole.

Io ho fatto una serie di affermazioni. Poi ti ho chiesto quale definizione daresti tu allo spirito.
Io quando penso ai sentimenti, mi riferisco all'anima. Anima e spirito possono essere sinonimi o possono non esserlo, non posso sapere cosa intendi tu.

Si dà il caso che mi sia capitato, quando navigo tra i miei pensieri, di soffermarmi a pensare quale sia lo scopo della vita, esistenza. E quindi come ti ho scritto, la riflessione lascia sgomenti e la risposta è totalmente inutile- ovvero non utile, non porta a nessun beneficio, solo tristezza.

Se facendoti domande sull'esistenza, sullo scopo della vita, ti giungono risposte confortanti, buon per te.
Forse dimentichi, e non si tratta di fare melodrammi, che non potrò avere figli, una delle cose che gratifica di più l'esistenza. [E comunque la mettiamo, una possibile adozione, che si dovrebbe comunque fare fuori dall'Italia, non sarebbe la stessa cosa.]
E non mi si dica che posso scegliere di andare contro la natura in/con cui sono nato.
Riduttivo, vero?

Con la frase sulla moralità, non suggerivo proprio niente.
Ho fatto semplici affermazioni per mostrare che potevo "completare" le frasi proprio come te, senza per forza tirar di mezzo lo spirito.

Io vedo, non uso più la parola legge che viene strumentalizzata, l'imposizione del più forte sul più debole come una condizione immutabile come il fatto che la Terra ruota intorno al Sole.

Anche sull'ultima questione non sono d'accordo: l'uomo deve essere libero di poter esercitare tanto il male quanto il bene. Dove finirebbe il libero arbitrio? Se l'uomo non potesse commettere il male, dove starebbe la lezione dell'errore che porta all'esperienza, quindi alla crescita morale?

E come si potrebbe eliminare la commissione del male, se non tutti sono d'accordo cosa sia male, perchè non "tutti pensano al bene e al male allo stesso modo"?

Questo discorso rientra perfettamente, concorderai con me, con la questione legata all'eutanasia. Il medico, parente, amico deve o meno staccare la spina al paziente che lo richiede o staccarlo perchè in condizioni come eluana? Bene o male? Pietà o omicidio? Omicidio pietoso? Oppure uno stato uguale alla morte prolungato per anni grazie a delle decisioni morali, giuste e che tendono al bene, ma che risultano inumane, sull'uso di una data tecnologia?
Io credo, come per molte altre cose, non ci siano risposte ne' giuste ne' sbagliate. Dipende dal metro morale che si utilizza. La religione o la scienza, la legge o il cuore.

La morte è una di quelle cose che non può essere cambiata. E morire con dignità ha importanza?


(Spero che leggerai con la dovuta attenzione, visto che mi è costata una considerevole quantità di tempo xD)

Tommaso Ramella ha detto...

Allora Andrea, qui mi riesce veramente difficile continuare la discussione perchè non riesco veramente a capire cosa intendi. Il punto della natura mi è chiaro, ma non riesco a capire quale sarebbe l'alternativa: non pensarci e continuare a inquinare il pianeta senza pensare alle conseguenza, perchè questo ci renderebbe infelici? Non è più sensato cercare di non inquinare il pianeta in modo da ridurre (non eliminare) i pericoli per l'uomo? La morte è inevitabile, e, a mio parere, l'unico modo per essere felici è esserne consapevoli ed accettarlo come un dato di fatto (cosa che penso sia io sia te facciamo, senza per questo disperarci).
Quanto alle domande esistenziali, il problema non è qual'è la risposta che ognuno di noi ottiene, sempre che ne ottenga una, e se questa renda felice o meno l'uomo: il punto è che, volente o nolente, l'uomo queste domande se le fa, e questa è, a mio parere, una dimostrazione della sua profonda spiritualità.
Quanto al completamento delle frasi, non vedo nulla di più sofistico: completare delle frasi con parole che per tua stessa affermazione non vogliono dire nulla. Puoi usare le parole che vuoi, se non ti piace parlare di spirito, il punto è che esistono degli aspetti fondamentali della vita umana che si risolvono solo nell'interiorità dell'uomo (e se non ti piace neanche interiorità usa un'altra parola, ma il concetto resta quello).
Quanto al libero esercizio del bene e del male, ti invito a rileggere le mie parole con attenzione. Tu mi hai chiesto se vorrei che l'uomo non uccidesse più. Io ti ho risposto la domanda è sbagliata, perchè uccidere un uomo, in assoluto, non può essere considerato né giusto né sbagliato. La risposta che ti ho dato è che vorrei che l'uomo non commettesse più il male di propria spontanea volontà: scegliendo cioè il bene con il proprio libero arbitrio.

Tommaso Ramella ha detto...

E ora veniamo alla questione della nostra responsabilità in materia di capitalismo. E' assolutamente vero che io e te non siamo responsabili dei crimini di cui ci si è macchiati nell'esportazione del capitalismo (l'esportazione di un modello economico non è un crimine orrendo, ma lo sono i metodi con cui essa è stata realizzata). I giovani tedeschi non sono affatto responsabili dei crimini commessi dai nazisti nel corso della Guerra Mondiale: diventano però immediatamente responsabili quando, pur sapendo a cosa ha portato il nazismo, formano correnti neo-naziste, diventano responsabili, anche se le correnti neo-naziste non hanno ancora sterminato migliaia di ebrei. Lo stesso ragionamento vale per il capitalismo: se sappiamo che la sua esportazione ha causato gravissimi danni, non possiamo continuare ad esportarlo senza essere responsabili. Io non demonizzo ogni aspetto del capitalismo, come ho già detto più volte. Ciò che critico del modello capitalistico tradizionale è il fatto che trascuri completamente l'etica e la natura, cosa alla quale, tuttavia, si può porre rimedio, come dimostrano le banche etiche, gli studi per uno sfruttamento delle risorse rinnovabili etc etc.